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16 Settembre 2024
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Come eravamo

Mentre scartabellavo tra i libri dello studio alla ricerca di qualche pepita che a volte si ritrova tra quelli più vecchi, eccone uno che mi era stato regalato anni fa, e che era caduto nel dimenticatoio in attesa di una lettura più attenta. Si tratta di un libretto di un centinaio di pagine, dalla copertina ingiallita, edito dalla Società Editoriale Italiana, datato 1937, anno XVI dell’era fascista, il cui autore è Giovanni Sirotti ed ha per titolo “La trasformazione fondiaria nel Comprensorio di Bonifica di Elmas (Cagliari)” (1) . Era il 1937, l’anno in cui Elmas diventava frazione di Cagliari e perdeva la sua autonomia che avrebbe riacquisito nel 1990.

Nella prefazione curata da Filippo Asquer di Flumini, si legge che il prof. Sirotti era Direttore dell’Ispettorato Agrario di Sassari, e che il progetto di trasformazione agraria dell’agro di Elmas, frutto di uno studio decennale, meritava di essere dato alle stampe e poteva costituire un modello per altri Consorzi e aree geografiche similari.

I Consorzi di Bonifica, istituiti con Regio Decreto 13 febbraio 1933, n. 215, erano uno degli strumenti della “bonifica integrale”, previsti dalla legge sintesi del 24 dicembre 1928 n. 3134, con la quale il fascismo intendeva mettere mano al risanamento di aree oggettivamente svantaggiate ai fini di un loro rilancio in termini economici, sociali, igienici. Erano aree paludose e malariche che già prima del fascismo erano state oggetto di interventi normativi e nella magniloquente retorica, tipica del regime, assumevano la formula mitica della “redenzione fondiaria”, e che, in termini di ritorno di immagine per il duce, venne chiamata “Legge Mussolini”. Non è questa la sede per una disamina degli effetti delle bonifiche in età fascista, per cui ci sono approfonditi studi storici, anche nella specifica realtà sarda, mentre il libro di Giovanni Sirotti è molto interessante per conoscere come era  Elmas 87 anni fa, come si sarebbe potuta evolvere e come, invece, si è sviluppata, nel bene e nel male.

Il libretto è diviso in tre parti organiche: una parte descrittiva dal titolo “Descrizione del Comprensorio”, una seconda parte “ Indirizzo della Bonifica e avviamento alla trasformazione colturale e fondiaria”, e una terza “I risultati economici della trasformazione”, sorta di documentato auspicio sui risultati attesi, volti a favorire “l’organizzazione di imprese agrarie piccole e medie, ad unità tecnico-economica stabilmente coordinanti terra, capitale, e forza lavoro occorrenti alla produzione”. Molto significativa la parte finale, intitolata “La bonifica igienica del Comprensorio”.

La parte più interessante, ai fini della conoscenza del come eravamo nel 1937, è quella descrittiva, cui è allegata una dettagliata carta corografica del Comprensorio oggetto di analisi: “Il comprensorio soggetto a bonifica ha una superficie di 895 ettari (ha ) di cui 601 nel territorio comunale di Elmas e 294 in quello di Assemini. Nella carta è facilmente riconoscibile il perimetro del Comprensorio, sia dalla parte di Assemini, che di Sestu,  di Santa Gilla, passando per la strada nazionale Cagliari-Iglesias.

Gli 895 ettari del Comprensorio di Elmas, incluso Assemini, sono così suddivisi:

  • seminativi semplici (285 ha);
  • orti irrigui (140 ha);
  • vigneto medio (120 ha);
  • oliveto (15 ha);
  • pascolo semplice (175 ha);
  • pascolo acquitrinoso (160 ha)

In questo comprensorio, scrive Sirotti  “Le acque di pioggia e di esondazione che scorrono negli impluvi, determinano il disordine idraulico lamentato, causa di impaludamento permanente e di ristagni temporanei dei terreni di bassa quota, mentre in prossimità della gronda dello stagno di Santa Gilla i terreni sono in permanenza impregnati d’acqua”.

Il territorio del comprensorio è attraversato da corsi d’acqua a regime torrentizio, che nel periodo delle piogge, esondano arrecando gravi danni alle coltivazioni: si tratta  del Rio Sestu, Rio Sa Murta, Rio Sa Traia e Rio Sa Nuxedda. Cartina comprensorio

Clima: inverni miti, estati calde (massime estive 37°, 38°).  “L’estate è calda, asciutta, ventilata, e nelle giornate in cui domina lo scirocco, vento di sud ovest, l’aria diviene quasi soffocante…la siccità, da giugno a ottobre, dura da 100 a 150 giorni. Dunque, continua Sirotti “L’intensificazione colturale è solo possibile con l’estensione della irrigazione ai terreni, destinandoli a colture di alto reddito quali le ortive, le arboree da frutto e a colture trasformabili da bestiame, quali le foraggere”.

Interessanti i dati sulla popolazione: “Il comune di Elmas ha una popolazione presente di 1355 abitanti, riuniti in 311 famiglie, le cui categorie professionali sono: 285 agricoltori, 10 artigiani, 16 diversi. Tra gli addetti all’agricoltura si hanno:

  • 2 famiglie di proprietari non coltivatori diretti;
  • 258 famiglie di proprietari coltivatori diretti;
  • 25 famiglie di braccianti.

Complessivamente gli addetti all’agricoltura sono:  600 maschi (compresi i giovani dai 16 anni in poi), 150 femmine  (buona parte addette ai lavori negli orti)”.

L’irrigazione degli orti “Poiché la falda freatica scorre tra 4 e 15 metri si esercita su 140 ettari.  L’acqua è sollevata mediante noria a trazione animale, o meccanica, moto pompe ed elettropompe. Essa è generalmente dolce, e in alcuni pozzi leggermente salmastra, e tuttavia adatta alle piante erbacee irrigate”.

La ripartizione della proprietà fondiaria è la seguente:

AZIENDE IN ETTARI NUMERO ETTARI
Aziende di oltre 100  ha 1 145
       “         da 50 a 100   “ nessuna  0
       “          da 20 a 50     “ 5 200
       “          da 10 a 20    “ 4 65
       “          da 5 a 10      “ 10 73
       “          da 1 a 5        “ 70 220
      “      con meno di 1 ha 450 192

 

Da questi dati emerge che “I piccoli proprietari coltivatori non autonomi integrano i loro bilancio o prendendo in affitto altri terreni o prestando opera presso altre aziende, oppure in lavori pubblici effettuando trasporti  col proprio carro a cavallo”.

Il censimento del bestiame presente è il seguente: cavalli 80, asini 50, bovini 34, ovini 500, suini. Negli orti irrigui in linea di massima la superficie coltivata è così distribuita:

Ortive Superfice occupata in %
Carciofi 25
Pomodori 25
Cavolfiori 20
Cavoli cappuccio 10
Patate 10
Cipolle 6
 Finocchi e sedani 10
  insalate e prezzemolo, spinaci, cicoria etc. 20
melanzane e peperoni 10
piselli e fagiolini, zucchette e poponi, ossia meloni etc 15

Si è in presenza dunque di un’orticoltura di sussistenza, volta al mercato locale e a quello di Cagliari.

La trasformazione fondiaria nel comprensorio di bonifica dovrebbe dunque:

  1. Sistemare i corsi d’acqua onde evitare le periodiche alluvioni;
  2. Costruire nuove strade di penetrazione agraria;
  3. Scavare nuovi pozzi e costruire impianti irrigui per rendere irrigabili fino a 164 ettari;
  4. Favorire “Il riordino della proprietà fondiaria nel comprensorio” per tendere a costituire il maggior numero di piccole aziende autonome;
  5. Creare delle fasce forestali frangivento per limitare i danni dello scirocco, con alberi di eucalipto e gattice (pioppo bianco); laddove l’acqua è salmastra tra il frangivento e le coltivazioni si consiglia la piantumazione di mioporo (Un esemplare residuo lo si può osservare lungo il muro della Chiesa di Santa Caterina).

Tutte queste opere dovevano attuarsi in raccordo e cofinanziamento tra il Ministero dell’Agricoltura e il Ministero dell’Aeronautica (presenza del Centro Aeronautico…), che in quel momento storico non trovarono attuazione.

In appendice il libro riporta uno stralcio della relazione del dott. Spanedda del R. Istituto d’Igiene dell’Università di Cagliari, in merito alla necessità della bonifica essendo il comprensorio “ad alto coefficiente di morbilità malarica”. Nella relazione si riportano i dati del 1934 (114 casi di malaria accertati microscopicamente, di cui 50 bambini con meno di 8 anni di età),  e 118 casi di con esami parassitoscopici negativi, per assunzione di piccole dosi di chinino ma tuttavia clinicamente malarici (sintomi febbrili, milza ingrandita etc), ma anche i dati del 1935 (105 casi, di cui 48 bambini sotto gli 8 anni), da cui si evince una graduale regressione della malaria negli anni per i servizi antianofelici, le parziali bonifiche, e il controllo dei pozzi, delle vasche e delle norie.

C’è da chiedersi come sarebbe diventata Elmas se tutte quelle opere progettate fossero state pienamente realizzate: avrebbe, forse, conservato la sua vocazione agricola, molti contadini avrebbero avuto la terra, forse molti cittadini non sarebbero emigrati in Belgio, in Germania o nel triangolo industriale, si sarebbero costituite aziende moderne e case coloniche, ma nel corso dei decenni il paese è cambiato: industria, terziario, occupazione di suolo, inquinamento dello Stagno, ipermercati, sono i tratti della contemporaneità che ancora non ha trovato il suo equilibrio.

 

  • Il libro mi era stato donato da Dino Peddio
  • Presidente del Consorzio per la bonifica di Elmas, formalmente costituitosi il 6 febbraio 1927
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2 Commenti

  1. Grazie Gabriele per il bel commento: un libretto certo, ma talmente circostanziato da fornire una fotografia sul come era il paese allora, nel 1937, e sul come non siamo più. Eppure il passato contadino riaffiora in forma di ruderi nelle vecchie bratzas diroccate, che forse andrebbero restaurate come esempio di archeologia agricola. Nessuna nostalgia, ma mi associo all’auspicio di Gabriele: che le ruspe stiano lontano dai residui di vegetazione attorno a Santa Caterina, laddove il mioporo resiste, non proprio lungo il muro della chiesa di Santa Caterina ma, per la precisione, alla fine dello sterrato che conduce al suo ingresso.

  2. Il libretto che Tonino porta alla nostra attenzione, tratta specificamente del “Comprensorio di bonifica di Elmas” datato all’anno1937. Di sicuro interesse per noi elmensi (o masesus in limba) perché, oltre a contenere i dati (numeri e percentuali) dello stato delle cose nel territorio, suscita le immagini di come era il comprensorio e chi vi abitava e lavorava; e queste immagini allora le compariamo con quelle di oggi. Ecco il come eravamo. L’articolo, quindi, ci ricorda innanzitutto gli ettari di superficie soggetti a bonifica: seminativi, orti, vigneti, oliveti, pascoli (specificando semplici e acquitrinosi presso la laguna). E, ancora, il regime torrentizio: una articolazione di corsi d’acqua e canali esondanti nel periodo delle piogge. Curioso, poi, come avevamo più cavalli (80) rispetto ai bovini (34), superati anche dagli asini (50). I carciofi occupavano una percentuale della superficie del 25%, così anche i pomodori 25%: da soli il 50% di tutto il coltivabile. Interessanti, infine, i cinque punti guida (il cosa fare) per la bonifica. Al 5°: “creare delle fasce forestali frangivento[…] con alberi di eucalipto e gattice (pioppo bianco) […] Tra il frangivento e le coltivazioni si consiglia la piantumazione di mioporo”. Tonino ci informa che un residuo di mioporo “lo si può osservare lungo il muro della chiesa di Santa Caterina”. Soltanto questa presenza vegetale presso un muro antico meriterebbe una passeggiata da quelle parti.

    Sbancamenti

    Della cigolante ruspa
    non si avvicini
    neppure l’ombra
    ai miopori beati
    nella luce del sole.

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