Giotto “Le nozze di Cana” – Cappella degli Scrovegni – Padova
Esercizio N°8
“Le narrazioni che mi interessano di più hanno sempre un contatto con il mondo reale. Nessuna delle storie che scrivo è successa davvero. Ma c’è sempre qualcosa, un elemento, una cosa che mi è stata detta o che ho visto, che potrebbe essere il punto da cui partire”.
Raymond Carver
MATRIMONIO
Maria si era sposata in un radioso sabato di luglio del 1972 . La madre, seppure scibuddia e svampita, seguendo un antico rituale, aveva preso dalla credenza un piatto del suo vecchio corredo, lo aveva riempito di sale, riso e grano, e rumorosamente l’aveva rotto sulla soglia di casa, proprio quando Maria era uscita per andare in chiesa.
-Bai cun Deus, filla mia – aveva esclamato la donna
-O mamma la ca non ci fiat bisóngiu de segai cussu pratu…non fiat un arregordu de candu ti ses coiada?
– Immoi chi ti ndi andas ita ndi fazzu de cussus pratus?… Ajò moveisì ca su predi e su sposu funti apettendi… ma innui arrabiu est andau fradi tu?
Maria aveva da sempre avuto un debole per il fratello. Da quando il padre era morto la madre aveva cominciato a dare segni di afasia, lunghe pause di mutismo, una sorta di disamore per la vita che nelle sue notti tormentate, si traduceva in sogni inquieti, in frasi sconnesse e incomprensibili che Maria cercava vanamente di interpretare. La madre era cosciente di questa metamorfosi progressiva e inarrestabile, e spesso nelle chiacchiere con le amiche andava ripetendo de candu non c’est prus su meri m’intendu sbuida…” Era il tipo di donna che aveva vissuto per il marito e il vuoto dell’assenza si era tradotto in una sorta di inerzia alla vita.
Per questo Maria aveva deciso di dormire nella stanza della madre, lasciando la sua al fratello, uno spazio dove studiare e sognare. Lei abbandonò gli studi, ma avrebbe fatto di tutto perché su pitticheddu continuasse fino alla laurea. Si era messa a lavorare nel bar, cussu logu po ominis imbriagonis, per aiutare la madre e il fratello, ma anche per essere libera. Non sopportava l’idea che senza un uomo una donna si sarebbe ridotta a vagare inebetita per la casa, e aveva deciso di sposarsi anche per dare uno scrollone alla madre…forse, pensava, le avrebbe fatto bene, avrebbe ripreso il controllo della casa, avrebbe seguito il fratello, ripreso a curare il piccolo giardino che, dopo la morte de su meri, pareva come intristito…nuova vita per lei… e nuova vita per sua madre.
-Zerriaddu tui a fradi tu…a mei non mi ponit a menti…immoi chi ti ndi andas cumenti app’a fai a du cumbatti?
– Eccomi, sono pronto Maria
Il piccolo aveva ormai undici anni, ma ne mostrava di più e con quell’abito da cerimonia sembrava ancora più grande. Era strano vedere Maria col fratello sottobraccio avviarsi verso la chiesa, in testa al piccolo corteo di parenti e amici. Sul sagrato c’era lo sposo ad attenderli e un certo numero di invitati, tra cui is amigus del bar. Maria si era affezionata a quegli uomini e ai loro discorsi confusi tra calcio, politica, attualità, e troddius paesani. Li aveva invitati come fossero di casa.
– Labai ca Maria est bella cun cussu bistiri biancu…
– Ellus tui o su driblador’e sa bidda…mi paris unu pappagallu brasilianu, cun cussa cravatta birdi e sa camisa gialla
-Mellus unu pappagallu brasilianu che unu mustaioni sardu…ma prima de bessiri ti ses castiau in su sprigu? Camisa bianca, cravatta niedda, giacca niedda pendi pendi e crazonis nieddus…ma la ca non est un interru…
– Un abito nero è sempre elegante, denota stile e sobrietà…
– O su professori ma ita est cussa sobriedadi…non d’appu mai intendiu cussu fueddu…
– Letteralmente significa misura, controllo dei propri istinti, soprattutto nel bere e nel mangiare…
– O su professori ma la che l’abito non fa il monaco…d’at sempri nau fustei…po custu piccioccu bistiu de nieddu ci olit una gavagna de birra d’onnia merì…
– Ha ragione Mali Pigau…la sobrietà non si addice a questa allegra combriccola…ma l’abito nero fa sempre la sua figura…
– Su mellus de tottus est ziu lantioni…est derettu cumenti chi ci c’appat ingurtiu unu trunch’e scova…ma la ca non depis fai sa guardia a su campanibi…
Dall’alto del suo segaligno portamento l’allampanato non rispondeva alle provocazioni, impegnato com’era a stringere continuamente il nodo della cravatta per dare alla camicia abbondante un assetto più stabile…
– Trovo che l’abito gessato grigio scuro dell’amico sia molto adatto alla sua figura esile e slanciata…
– O su professori e ita di parit de Mali Pigau?
– Trovo un po’ eccessivo quel gilet rosso con la cravatta blu che spicca nella camicia bianca…gli da un’aria austera…
-Austera…ta bellu fueddu…
– Lassaus a perdi is chiaccheras…labai ca Maria e su sposu funti intraus in cresia…ajò ca intendeus is cazzadas de Don Emilliu… – disse Mali Pigau
– Il signore sia con voi – disse Don Emilio – attendevo le ultime pecorelle smarrite prima di dare inizio a questa festosa cerimonia…
Mentre in coro si sentiva “E con il tuo spirito…” is amigus si davano di gomito perché Don Emilio si riferiva proprio a loro…
Dopo alcuni minuti su Predi lesse un passo del vangelo di Giovanni, a suo dire adatto alla circostanza:
“Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà».
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le giare» e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
-Non voglio addentrarmi in spiegazioni di questo famoso e controverso passo di Giovanni- disse Don Emilio – Ognuno può cogliere un messaggio o attribuire un significato al racconto…il miracolo del vino nuovo è dono di Gesù agli sposi? Chi è lo sposo se non Gesù che offre il nuovo messaggio alla sua sposa, cioè alla chiesa rinnovata?
L’uomo ha bisogno del pane per vivere e del vino per cantare la vita e il dolore, per sopportare la morte? Il rapporto tra una madre e un figlio? A voi la risposta…noi oggi celebriamo lo sposalizio tra Maria e Francesco, siamo felici per loro…ora recitiamo il Credo… poi passeremo all’offertorio e alla santa comunione…
Is amigus, uno per uno per non dare nell’occhio, uscirono dalla chiesa e si ritrovarono alla spicciolata nel sagrato…
-Non mi pareis genti de cresia bosatrus…sa missa non est ancora accabada e seis innoi a fai ora – disse su driblador’e sa bidda
– A mei su fragh’e cera mi fait benni dabor’e conca…mi d’at nau finzas su dottori…- aggiunse l’allampanato
– Sa cresia est cumenti sa mexina…tocat a da pigai a piccole dosi – dico bene o su professori?
– Certo…certo…ma, ditemi, cosa ne pensate della predica?
-Arraz’e predica! Ma candu mai unu predi seriu liggit scetti su missali e non narat nudda de ita olit nai cussu chi at liggiu?…
– Po mei don Emilliu s’est ammandronau…is predis de oi non tenint gana mancu de fai is scalas po arziai in cussa gabbia in artu po fai sa predica…candu femu piticheddu mi nd’arregordu ca ci fiat su predicadori chi arziada in sa gabbia…
– Si chiama pulpito e i sardi lo chiamavano trona…dal latino thronus…una sorta di seggio collocato sulla sommità di alcuni gradini…da cui il predicatore faceva il suo sermone…d’altronde il trono pontificio o il trono dei re è sempre sato collocato in alto rispetto ai comuni mortali…
– Adessi po cussu ca babbu miu bonanima fiat sempri certendi cun mammai…”ma poita su pippiu depit andai a cresia a si fai stronai de su predicadori?…”
– Torrendi a sa chistioni…poitta du pagaus a su predi? Po si spiegai su sensu de su vangelu…non tottus funti amigus de Giovanni…ma d’as intendiu a don Emilliu? “Come dice Giovanni…il passo di Giovanni…”
– A mei est praxiu candu at chistionau de su binu…prima toccat a serbiri su binu bonu…poi, candu unu cumenzat ad essi inciariu, cussu malu e mesu spuntu…
– Ci olit arrespettu poi is invitaus…deu a un amigu dongu is mellus cosas chi tengu…disse Mali Pigau
– Ma ita c’intrat tottu custa gazzosa? Immoi ses diventau predi po cumprendi is cosas de cresia?
– Ho apprezzato le parole di Don Emilio…Ma lo sapete che Lutero, sì… quello della Rifoma Protestante…già nel 1517, sosteneva che le sacre scritture si possono liberamente interpretare…senza la mediazione del prete? L’importante è saper leggere…tanto che fu lui a tradurre la Bibbia in volgare tedesco…
– A mei mi praxit a liggi…candu liggiu calincuna cosa sa fantasia bolat…scetti ca ci olit tempus…e pratica…
– O Mali Pigau est cument’a su palloni…chen’e allenamentu non serbit a nudda…is cambas olint allenamentu
– Tui tenis axiu allenendidì e castiendi partidas de su Brasile…ses sempri bidoni..
– Son d’accordo con su driblador’e sa bidda…la lettura allena il cervello e se il cervello funziona può interpretare ciò che si legge…non è questa la libertà?
Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza diceva Antonio Gramsci…
-Deu seu d’accordiu…ma candu unu est conch’e burricu coment’a mei est mellus andai a marrai…- disse serio l’allampanato…
-Tottus ianta depi andai a scola…e is scolas depiant’ essi opertas a merì po chini traballat tottu sa dì…e po fortuna ca immoi c’est sa scolla media po tottus…est una fortuna poi is fillus nostrus…
– Ma tui s’est sonau…segundu tui deu deppu andai a scola dopu su traballu? E sa birra in su barrisceddu candu mi da buffu? E sa partida a cartas cun is amigus? E is cazzadas chi si contaus tottus impari?
– Certu…chi femus andaus a scola…su bar de Maria de candu fiat falliu…e Maria non si fiat mancu coiada…
-Ma la ca Maria non esti sa meri de su bar…
Proprio mentre il professore diceva la sua – Nella vita, se uno vuole, si può fare tutto…conosco molti lavoratori che sono arrivati alla laurea…- un festoso e rumoroso scampanio coprì le sue parole
– Custu arrepiccu allirgu mi narat ca sa missa est accabada…
Pochi attimi dopo gli sposi uscirono felici dalla chiesa…una vecchietta con un piatto in mano pieno di grano, riso, sale e qualche monetina, si avvicinò agli sposi e lo fece cadere ai loro piedi…Maria riconobbe uno dei piatti del vecchio corredo di sua madre…
– Mamma tua mi d’hat arreccumandau… – disse la vecchia baciando gli sposi –
e salutandoli con -cumenti disigiais!-
-Ajò ca andaus a donai is augurius a is isposus – disse su driblador’e sa bidda
-Ajò ca dopu andaus a su prangiu…e chi a’accostat don Emilliu du fadeus buffai e aicci si spiegat sa predica…
Il primo de is amigus che si avvicinò agli sposi dando gli auguri a Maria e allo sposo…
– O Maria…ma d’as strutzionau beni a cussu piccioccu chi traballat in su bar?…Mi parit unu pagheddu alluau…chi sighit aicci ti toccat a torrai…
Maria si fece una risata…- vedrete che presto imparerà!…e col suo Francesco sottobraccio si fece largo tra i tanti che si avvicinavano per fargli gli auguri.
Tonino Sitzia
Agosto 2014