Sembra proprio che il vento nasca nel cuore delle saline, tra i camminamenti che delimitano le vasche salanti, mentre fuori l’aria è ferma e immote stanno le foglie negli alberi di confine.
Un pomeriggio vagando tra salina e laguna scoprimmo un approdo antico, forse fenicio. Un molo di pietra squadrata tra giuncaglie e canneti folti, un attracco per il trasporto del sale di millenni fa…
Era come se anche i nostri passi fossero mossi dal vento di brezza, soffio che lì mai sosta…
Come ci sentivamo leggeri e come, sorridendo, ci guardavamo contenti! Ancorché visitati dall’ombra di un’ansia e da presagi incombenti.
Andavamo, così, svagati da brevi e incerti frammenti di felicità…
Fermammo i passi alla vista della carcassa.
Una cornacchia il cui ventre aperto, tra le penne rimaste, brulicava di vermi biancastri.
Vermetti grassoccelli con testine scure -un lavorìo incessante di rostriccini neri a scavare quei visceri.
Per un po’ restammo interdetti a guardare l’inaspettato, quindi pensierosi ce ne uscimmo dalle saline.
Poi da lontano ci volgemmo a guardare i tumuli candidi del sale stagliati nell’aria tersa.
In un breve brano di una prosa che è già quasi poesia, l’autore lascia al lettore un germe di preziosa riflessione. Anche dove “sembra nascere il vento”, mentre “l’aria ferma” resta al di fuori , tra le semplici eppur grandi emozioni che portano la felicità, ecco celarsi l’ombra, perenne e incombente, della fine.
Mi fa piacere che venga apprezzata la mia scrittura: “…già quasi poesia”, che lascia anche un “germe di preziosa riflessione”.
Quel racconto così breve nasce da una attenta osservazione di un luogo reale, non di fantasia, (una salina visitata tanti, tanti anni fa) riemerso con la patina che vi ha depositato il tempo…