Un’ immagine della tragica alluvione del 1946
Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 1946, quella che gli anziani sopravvissuti di Elmas e di Sestu chiamano sa notti de s’unda, una terribile alluvione si abbattè sui due paesi e su altri centri del campidano meridionale . Nella via Sestu a Elmas, per lo straripamento del Rio Matzeu, l’acqua raggiunse i 4 metri di altezza. I morti furono 21.
Nell’Italia del dissesto idrogeologico, del territorio fragile, del consumo dissennato del suolo (secondo i dati rilevati dall’Annuario 2014 dei dati ambientali dell’Ispra, per oltre 50 anni sono stati consumati, in media, più di 7 mq al secondo. Ma ora il fenomeno è in accelerazione. Oggi il consumo di suolo viaggia alla velocità di 8 mq al secondo. In termini assoluti, sono irreversibilmente persi circa 22.000 kmq).
Ancora la memoria non è diventata responsabilità collettiva, e i recenti fatti di Genova, come quelli meno recenti di Capoterra, stanno drammaticamente a dimostralo.
A ricordo dell’alluvione del 1946 pubblichiamo il racconto “Acqua” che era inserito all’interno di un gruppo di tre racconti di Tonino Sitzia dal titolo “Le vecchie”, pubblicati nel sito di Equilibri nel giugno 2012. Il racconto era liberamente tratto dai ricordi della madre del bambino di 4 mesi, il più piccolo dei 21 morti di Elmas.
Acqua
Nel dormiveglia notturno la vecchia farfuglia frammenti di frasi sconnesse. Nel suo cervello stanco di centenaria il tempo è ormai un fluido magmatico da cui affiorano grumi ricorrenti di episodi del suo passato remoto. Chi la conosce e veglia su di lei è in grado di ricostruire quei frammenti di vita, sussurrati nel sonno, perché la vecchia li ha più volte raccontati ai figli e ai nipoti, quando era arzilla e presente.
– Arrazz’e àcua in sa notti de s’unda…serrai portas e fentanas ca s’àcua est intrendi in domu… Santa Barbara mia agiudaisì…
I figli provano a rassicurarla: -Oh mamma, drommi ca non est proendi, su xelu est limpiu, ses tui chi ses sonnendi…drommi, drommi – Afferrai su pipiu e potainceddu in crabettura poitta s’àcua ndi du pigat…Nei momenti di lucidità i nipoti la prendono in giro, fissandola nei suoi occhi spiritati. L’ultima nipotina le accarezza il viso rugoso…
-Oh nonna, lo sai che parli di notte e a volte ci svegli, guarda che noi dobbiamo andare a scuola la mattina presto!
-Ta bella sa scola, a nai ca deu non appu mai imparau a liggi e scriri…candu femmu pitticchedda depemmu spigai, tirai fa, e pottai perda po fai is arrugas
– È facile nonna…dammi la mano e insieme disegniamo le lettere…devi solo ripercorrere i segni…
– Lasciala tranquilla, non è più tempo…ma lo sai quante volte abbiamo provato a farle scrivere le prime lettere e le prime sillabe…e c’era pure riuscita perché è sempre stata volenterosa e orgogliosa… ma poi il tempo è volato…ed è semplicemente riuscita a scarabocchiare il suo nome e cognome…La nipotina è curiosa. Di nascosto dai genitori si sveglia di notte per ascoltare le frasi della nonna nel dormiveglia notturno.
-Ta dannu s’àcua, parit arruendindi su xelu… Santa Barbara mia agiudaisì…pigai su pipiu, a nai ca d’appu imbussau beni beni, est liscinau de crabettura e s’àcua ndi da pigau…is ominis non scinti mancu ponni unu pipiu in crabettura…
La bambina chiede notizie ai genitori dell’alluvione del 46, e la maestra, per la ricerca in classe, ha portato vecchie e sbiadite copie dei giornali dell’epoca…con le foto e l’elenco dei morti, ma solo nonna, nel dormiveglia notturno, l’aiuta a rivivere quei momenti, ormai fissati nella sua memoria lunga.
-S’àcua nda pigau su pipiu finzas a su stani, est àcua brutta e ludosa…ollu su pipiu, du deppu sciacuai cun àcua pullia, di pongu su mellu bistiri froriu, e mi d’ollu tottu basai…
La vecchia nel suo giardino tiene dei vecchi secchi per la raccolta dell’acqua piovana, ha sempre detto che l’acqua del cielo fa crescere meglio i fiori, e che non si deve sprecare. La bambina nei suoi sogni profondi ha imparato confusamente che i vecchi hanno una grande paura dell’acqua, la temono ma allo stesso tempo la rispettano…e poi si è convinta che il bambino della nonna ritorni alla terra in forma di gocce di pioggia che si trasformano in fiori.
Tonino Sitzia
Giugno 2012