L’occhio era pesto e ti doleva. Ti sei guardata nello specchio del bagno, goccioline di sangue scivolavano sulla tua fronte dall’attaccatura dei capelli. Il tuo vestito, che avevamo scelto insieme per quella che sarebbe dovuta essere una serata speciale, era strappato. Era accaduto tutto così all’improvviso, dopo una giornata che stava procedendo magnificamente. Un’occhiata al tuo telefonino, una chiamata senza risposta, il nome di un amico e si è scatenata la furia. Mentre piangevi per le botte, io ho mangiato e bevuto tutto quello che avevamo comprato per la nostra cena a due; poi, me ne sono andato sbattendo la porta, lasciandoti tramortita sul letto. Come hai potuto amare un uomo come me? Mi amavi e mi odiavi e ti odiavi e ti facevi schifo perché mi perdonavi ogni volta che io ti dicevo che ero debole e che avevo bisogno di te e del tuo perdono. Hai dovuto sopportare tutti i miei malumori; perché non mi hai lasciato quando ti ho dato il primo schiaffo? L’occhio ti duole, ha un travaso di sangue. Io controllo ormai la tua vita e tu non hai mai voluto vedere il problema. Hai fatto come fanno gli struzzi. Ti senti fragile e impaurita. Non senti tua madre da mesi, non ti fai trovare, racconti un sacco di bugie a lei, a tua sorella, alle tue amiche, a quelle due che ti sono rimaste, perché io ti ho chiusa nel mio mondo, nella mia gabbia, nella mia prigione. L’occhio ti fa male. Pensavi di cambiarmi, di “salvarmi” e invece sono io che ho cambiato te, allontanandoti da chi ti voleva bene veramente. Il sole sta tramontando, ti copri col lenzuolo e piangi, non per il dolore ma per la rabbia, per la tua debolezza, per esserti lasciata soffocare, maltrattare, annientare. Forse cominci a capire e ad aprire gli occhi. Non posso essere l’unica alternativa della tua vita. Non puoi non essere niente senza di me, non puoi non valere nulla, come io continuavo a ripeterti.
Lo so, ero bello, giovane e simpatico. Ci sapevo fare con le donne: galante, scanzonato, perfino sexy. Mi hai detto che ti sei innamorata appena mi hai visto. Un vero colpo di fulmine. Anche tu mi sei piaciuta subito. Potevamo essere una coppia perfetta; forse all’inizio lo siamo anche stati, poi, non ho capito bene cos’è successo. Ho cominciato a demolire sistematicamente ogni tua sicurezza, ma poi tornavo da te con un piccolo dono. E si ricominciava tutto daccapo. Ti rivolgevo frasi sprezzanti, ti deridevo, volevo annullare la tua personalità. Tu mi chiedevi, inutilmente, se avevo idea del male che ti procuravo. Mi giustificavi, mi scusavi, certa che mi avresti potuto aiutare. E invece ti sei sentita impotente, umiliata, sola.
Ti ho allontanato dai tuoi genitori facendo in modo che tu ti mettessi contro di loro, ti ho allontanato dagli amici, ti ho controllata in maniera totale e ossessiva. Sei arrivata perfino a pensare che quella era la vita che meritavi e che ti spettava. Ricordi quando ti ho dato il primo schiaffo e tu sei rimasta sbigottita e hai cercato di scappare?
Ti ho inseguita, ti ho abbracciato e mi sono scusato dicendoti: “Se avessi voluto veramente farti del male…” Tu mi hai perdonato e abbiamo fatto l’amore. Mi dicevi che quando non ero nervoso ero il marito più buono del mondo, ma più tu mi volevi aiutare e più io mi innervosivo. Non capivo il tuo amore, la tua educazione, la tua disponibilità, la tua sofferenza. Per me eri una rivale, una da annientare. Le mie emozioni all’improvviso esplodono e io non sono capace di gestirle. Tu parlavi, parlavi e io non sapevo mai cosa rispondere, non sapevo che risposta dare alle tue domande. Volevi che tornassi ad essere l’uomo che avevi conosciuto e di cui ti eri innamorata, premuroso e tenero e invece ti ho fatto vivere in un continuo stato d’angoscia. Hai cominciato a non volerti più bene. Prima di addormentarti aspettavi che cominciassi a russare perché avevi paura di dormire accanto a me e quando hai cercato di andartene da casa, ti ho aggredita, poi ti ho portato un mazzo di rose e ti ho giurato, piangendo, che sarei cambiato.
Ti ho offesa e mortificata nella tua dignità ma tu hai nascosto il dolore e le ferite. Era impossibile per te pensare che l’uomo che ti aveva dato affetto, che ti aveva fatto ridere, adesso ti faceva tanto male. Ho indossato una maschera, l’ho confusa nell’essenza del mio essere e ho massacrato a calci e a pugni la tua anima e tu ti sei ripiegata su te stessa come una foglia accartocciata. Sei stata la vittima silenziosa della mia follia. Mi sono nutrito del tuo silenzio e ho capovolto l’amore. Adesso ho trovato il coraggio, finalmente. Non posso continuare a fingere che tutto quello che è accaduto, non è accaduto.
Sono un fiume in piena davanti a questo poliziotto che mi guarda esterrefatto.
Se non riesco a difenderti da me, qualcun altro lo farà al posto mio.