Pica
Siamo usciti da Humberstone che era quasi l’una. Il sole è accecante, i raggi UV (ultravioletti) costringono chiunque a cospargersi il viso e le parti scoperte del corpo di creme solari super protettive. Obbligatori gli occhiali da sole e un buon cappello. É l’effetto del buco dell’ozono, particolarmente ampio nel sud del Cile, in Patagonia, ma che si avverte anche da queste parti. Nelle città e nei paesi della costa, come in quelli del deserto, segnalatori indicano i livelli delle radiazioni e a certe ore si sconsiglia l’esposizione.
A pochi chilometri da Humberstone si trova la Ilustre Comunidad de Pica, piccola cittadina di circa 8000 abitanti. Il suo nome è San Andrés de Pica, e in lingua quechua pigai significa “flor en la arena”. Pica è un’oasi, il suo apparire nell’immensa e sconfinata tavolozza ocra allieta gli occhi e la mente. Conviene fermarsi qui per qualche ora o per qualche giorno, in questo miracolo verde nel pieno del deserto. Qui affiorano le acque della Cordigliera che rendono floride le coltivazioni, da qui passava il Camino Inca, qui sono passati Diego de Almagro (1535), il primo dei conquistadores in terra cilena, e poi Pedro de Valdivia (1540). Pica godette dell’epoca d’oro delle miniere di salnitro (dal 1850 al 1960), divenendo lugar de descanso per i padroni e per i lavoratori, che si riposavano nelle sue sorgenti termali e compravano la frutta che qui veniva prodotta.
Oggi Pica è famosa in tutto il Cile, e a livello internazionale, per i suoi piccoli e succosi limoni, dalla polpa verde giallognola, e da sapore acido e aromatico, che godono della denominazione geografica tipica, particolarmente adatti, sostengono i Cileni, alla preparazione del Pisco Sour, la loro bevanda nazionale.
Ma a Pica, oasi nel deserto di Atacama, ci sono frutteti di arance, mango, guayaba, tumbo, e altri frutti tropicali.
Tonino Sitzia