L’ombra del Morbo ha preso ad accompagnare i miei sogni.
Capita che uscito da un sogno affannoso, al risveglio, la ripresa della realtà non da poi il sollievo e la rassicurazione attesa.
Torna il pensiero di tutta l’Umanità oppressa sotto la coltre della Malattia e molti, moltitudini, soffocano e muoiono. Questo pensiero mi riafferra i visceri.
Mi sveglio nel cuore dell’alta notte e il silenzio mi avvolge ed è intriso di sconcerto e di paure incombenti.
I mattini lividi portano l’ansia alle soglie dell’angoscia. I mattini, invece, radiosi di sole hanno indosso una veste di luce a nascondere e velare un’intima mestizia: pare mi invitino a una festa – la festa della beffa e dell’inganno e , comunque, prospettiva di festa.
Non mi pesa tanto l’isola-casa, isola senza mare, senza orizzonte (a cercare con immaginazione spazi, percorsi, orizzonti, ci possono aiutare anche i libri delle nostre case, lì che aspettano).
Non mi pesa tanto la costrizione domiciliare, l’uscire solo due, tre giorni la settimana per l’approvvigionamento alimentare.
Sin dall’infanzia – ormai sono tant’anni e i pochi capelli rimasti son tutti grigi – ho conosciuto e fatto pratica di solitudine.
Mi pesa molto, invece, l’ombra della morte virale che si espande invisibile, silenziosa, inesorabile…
Mi pesa e molto mi inquieta questa dimensione mondo del male che aggredisce la salute arrivando a privarci della nostra stessa capacità di respirare…
Ma se di tutto ciò – detto sopra – ne scrivo vuol dire che ho guardato con occhi fermi, senza infingimenti: piccola, inadeguata, ma già una forma di resistenza.