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L’Urlo

Forse è meglio

abbassare  il capo,

e silenziosi i toni,

quando dalle vetrate

di ghiaccio

e dalle finestre

come occhi aperti

non appaiono

mani

a salutare,

solo lo sgomento

di  cosa c’è oltre,

nel formicaio

di dolore, solitudine,

affanni,

uomini e donne

solerti al sacrificio,

sollecitudine,

conforto,

dai che ce la fai,

e poi più di qualcuno

all’estrema dimora

se ne va

in punta di piedi

lontano dai cipressi

amici.

Dove le trovi

le parole giuste

a descrivere quanto accade,

come attimo eterno,

la corsa delle rosse croci

nelle strade

deserte di coprifuoco,

o gli atomi in fila

dentro bolle

salvifiche,

o ancora il ballo

dei numeri

o le occhiaie

dei turni infiniti,

piccola luce

nel buio.

Solo le immagini

restano forse

a dare idea

dello strazio.

E allora nella mente

prende forma

l’urlo di Munch.

 

30 Marzo 2020

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2 Commenti

  1. Grazie Gabriele: commenti sempre graditi e utili i tuoi a cogliere il senso della poesia: il dolore come tratto distintivo della condizione umana…oggi più che mai

  2. Versi brevi, spezzettati, tesi (quelli più lunghi sono settenari, pochi) come lampi di luce a contrastare il morbo.
    La poesia chiude con l’immagine de “L’urlo” di Munch emblema dell’angoscia dell’uomo.
    Il paesaggio del quadro, assieme alla figura in primo piano, diventano tutto un urlo, fremono e si torcono.
    Lo stesso Munch riferì che un giorno mentre passeggiava nell’ora del crepuscolo sentì che “un grande urlo infinito pervadeva la natura”.

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