Giace lì, mite nel giardino,
col suo pallido verde tra i fiori
che esplodono saccenti di colori,
e qualche bombo fa l’inchino,
ronza a succhiare il nettare
e farfalle tornano a posare
la loro colorata leggerezza.
E’ messo lì, di lato nel giardino,
in apparenza fragile nel fusto,
col tempo diverrà forte e robusto
a richiamo che la mitezza
non è poi debolezza,
perché lui ha un destino
millenario, e ha conosciuto
tragedie ed è sopravvissuto
unico con altri confratelli
al gran Sole di Hiroschima,
oggetto di preghiera e culto,
e gli anziani col cuore in tumulto
lo venerano e gli parlano
e i giovani lo abbracciano
e si inchinano
come davanti a un patriarca…
E’ lì nel giardino, umile e resistente
quasi carezza in tempo presente,
e i ricordi vanno all’indietro,
in un lontano giorno di agosto,
quando la casa visitammo
di quel poeta sommo
che a Weimar trovò posto
e rifugio e dove si interrogò
sul mistero delle tue foglie
immortalate nella sua poesia,
e cantate allora da Lucia,
perché noi come tu ci insegni
portatori siamo di mistero,
siamo “uno e doppio insieme”
Nota: tra le letture di questo periodo così particolare, segnalo il bellissimo libro di Stefano Mancuso “L’incredibile viaggio delle piante”. In uno dei capitoli l’autore, accompagnato da un ex console del Giappone in Italia, racconta di un suo viaggio a Hiroscima, dove nel magnifico giardino della martoriata città, incontra gli Hibakujumoku, i tre alberi sopravvissuti alla bomba atomica: un ginkco (Gingko Biloba), un pino nero giapponese (Pinus Thunbergii) e un muku (Aphananthe Aspera), venerati dai giapponesi come simboli della natura resistente ai mali dell’uomo.
Tonino Sitzia
13 aprile 2020