Occhi intimoriti e diffidenti fanno capolino al di sopra di mascherine sterili e asettiche. Sono gli occhi di un bambino che non capisce perché adesso la maestra si arrabbia quando, uscendo dall’aula in fila per due, lui vuole stringere la mano della compagnetta che tanto gli piace. Sono gli occhi di un gruppo di ragazzini che il sabato sera non possono più ordinare tante pizze di gusti diversi che poi sì, ne prendiamo una fetta ciascuno, un morso io e uno tu, tanto non siamo schizzinosi, che ci frega. Sono gli occhi di uno studente che adesso vede il proprio viso con la corona d’alloro riflesso davanti a uno schermo e, al posto delle voci cariche d’entusiasmo dei suoi amici che lo festeggiano con una bottiglia di spumante nel cortile dell’università, ora sente quella robotica del docente che rimbomba nelle quattro mura della sua cameretta.
Perché in fondo, negli ultimi tempi, le nostre esistenze sono strade dissestate, non asfaltate e colme di buche; sono fatte di emozioni rimaste sospese nell’aria, come bolle di sapone pronte a esplodere da un momento all’altro. Numeri, statistiche e previsioni hanno preso il posto di strette di mano, abbracci e drink condivisi con gli amici. Siamo tutti increduli, spaesati, mentre guardiamo a bocca aperta i fotogrammi della nostra vita senza la possibilità di esserne registi.
Ed è tra gli scaffali di un supermercato o in fila dal medico, quando guardiamo con diffidenza chi ci passa un po’ troppo vicino, che ricordiamo le parole di Boccaccio, di Manzoni, a lungo decantate dai nostri professori e che adesso ci appaiono in tutta la loro inquietante concretezza.
Mai avremmo immaginato di poterci immedesimare in quelle particolareggiate descrizioni, finora surreali, che hanno coronato alcuni capolavori della nostra letteratura. È diverso il periodo storico, certo, è diversa la società in cui viviamo e persino il morbo stesso contro cui combattiamo, ma il sentimento che predomina oggi, così come nella Firenze del 1348 o nella Lombardia descritta da Manzoni, è figlio della paura. L’evoluzione, il progresso e la tecnologia che ci avvantaggiano rispetto ai secoli passati, nulla possono contro il devastante senso di impotenza che inevitabilmente, oggi come allora, ci colpisce.
In questo angosciante parallelismo, l’unica risorsa che abbiamo nelle nostre mani è la lezione che il passato stesso costituisce. In una corrente di afflizione fisica e psicologica, l’unico elemento di cui ancora disponiamo è la moralità; proprio quella moralità che, prima ancora della buona salute, viene perduta in occasioni di contagio, nell’Atene descritta da Tucidide come nella Firenze di boccacciana memoria, in cui l’irrazionalità ha la meglio sugli affetti. Proprio da questi ultimi, invece, dovremmo ripartire, dando il giusto valore alla filantropia ed evitando di farci soggiogare da un senso di dissoluzione.
Anna Pisano
(Nota della redazione: ci è pervenuto e pubblichiamo volentieri l’articolo di Anna Pisano, studentessa al secondo anno della Triennale in Lettere classiche presso la Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari.
Concordo con quanto scrive, Gentile Anna Pisano; purtroppo siamo diventati sospettosi perché siamo tutti soggetti potenzialmente a rischio e improvvisamente ci ritroviamo poveri di salute e di legami con una perdita progressiva di spontaneità nei gesti che per noi erano abituali. Il virus ci impone di stare a distanza mentre sappiamo bene che l’essenza dell’uomo sta nelle relazioni sociali: l’uomo è un animale sociale.
Le pandemie hanno spesso cambiato il corso della storia producendo: crolli di imperi, nuovi sistemi economici, nuove ideologie, terremoti demografici e migratori. Cosa cambierà con questa?
Il sacrificio che ci viene chiesto per proteggere la collettività nel suo insieme, ci fa riflettere su un fatto: i problemi si risolvono solo se tutti ci sentiamo parte di una comunità, se optiamo per scelte etiche, quali la solidarietà e la cooperazione internazionale, se proteggiamo chi ha bisogno di protezione, se siamo capaci di resistere alla crisi, in altre parole, se rimaniamo razionali.