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Il mito Maradona

Come è possibile, ci si chiede, che la morte di un calciatore, abbia provocato un moto di popolare rimpianto, e di sentito dolore in tutte le latitudini, e segnatamente a Buenos Aires e a Napoli? Il fatto è che il calciatore in questione era Maradona, da molti considerato l’essenza del calcio, per altri, i tanti diseredati delle sterminate periferie del mondo,  uno che “ci ha fatto divertire”, “ci ha fatto sognare”, “ci ha fatto dimenticare, per un attimo, le nostre disgrazie”, “uno come noi che ce l’ha fatta”.

L’attimo di un goal o di un dribbling, l’adrenalina dei novanta minuti, possono dare la felicità, poi è vero che lo sport può essere oppio dei popoli e con esso non si cambia la umana condizione, eppure quella felicità, così effimera, con buona pace dei moralisti e dei bacchettoni di turno, la può dare lo sport, e ha poco di razionale, come quando si legge una poesia, si ascolta la musica, si osserva un quadro. È il potere dell’arte, e Maradona era un artista del pallone.

L’uruguaiano Edoardo Galeano (1940-2015), uno dei più grandi scrittori latinoamericani, sempre dalla parte degli umili, autore di “Le vene aperte dell’America latina” (Sperling & Kupfer, 2013), uno delle più documentate denunce, un vero j’accuse, contro il colonialismo in Sudamerica da parte europea e statunitense, ci ha lasciato tra gli altri, un libro prezioso per conoscere e capire il calcio, dalle origini ai nostri giorni, con tutti i suoi protagonisti, con le luci e le ombre di uno sport che spesso ha incrociato la politica: “Splendori e miserie del gioco del calcio» (Sperling & Kupfer., 2015).

Grande appassionato e intenditore di calcio, proprio nelle prime pagine si legge “Come tutti gli uruguagi, avrei voluto essere un calciatore. Giocavo benissimo, ero un fenomeno, ma soltanto di notte mentre dormivo; durante il giorno ero il peggior scarpone che sia comparso nei campetti del mio paese”. Poi, nel descrivere il calcio, come è diventato oggi “lo spettacolo si è trasformato in uno degli affari più lucrosi del mondo, che non si organizza per giocare ma per impedire che si giochi. La tecnocrazia dello sport professionistico ha imposto un calcio di pura velocità e forza, che rinuncia all’allegria, che atrofizza la fantasia e proibisce il coraggio.”

“Per fortuna – continua Galeano – appare ancora sui campi di gioco, sia pure molto di rado, qualche sfacciato con la faccia sporca che esce dallo spartito e commette lo sproposito di mettere a sedere tutta la squadra avversaria, l’arbitro e il pubblico delle tribune, per il puro piacere del corpo che si lancia contro l’avventura proibita della libertà”.

Murale dedicato a Maradona tra le rovine di una casa in Siria

Quello “sfacciato dalla faccia sporca” è stato Maradona, può nascere a Buenos Aires, a Napoli, a Nairobi, a Damasco o a Bagdad , in qualsiasi città o periferia dove nel fango o al sole cocente si gioca al calcio e alla vita,  e in esso ci si può identificare, nel bene e nel male.

Se Mŷthos viene dal greco e significa  “parola, discorso, racconto”, la vita di Maradona è stata un racconto mitico dalla povertà delle origini, alla gloria delle vittorie e della fama, fino alla polvere della cocaina e alla solitudine della morte.

 

Tonino Sitzia, 29 novembre 2020

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1 commento

  1. In una delle ultime di “Dribbling”alla TV – dedicate a Diego Armando Maradona – dove interviene come opinionista, Domenico Marocchino ex giocatore e poi anche allenatore, sostiene che il giocatore argentino – così il succo del suo ragionamento – va oltre il calcio, oltre questo sport e diventa un artista.
    Si tratta – così penso la si possa chiamare – di una sublimazione che non è concessa ad altri grandi giocatori pur fuoriclasse e talentuosi.
    Poi Marocchino, specificamente, sul gesto tecnico fa una osservazione acuta che coglie il segno. Riporto a memoria: Maradona non calcia un “assist”, non calcia un goal, ma, questa la parola usata, “deposita” la palla in rete alle spalle del portiere, o ai piedi del compagno. Nessuno come lui “posa” il pallone in rete con una precisione, una fluidità di movimenti facendo apparire semplice e naturale un gesto tecnico di altissima difficoltà e potenza. Nessuno come lui inventa e improvvisa imprevedibile.
    Guardiamo altri grandi giocatori attuali, come Ronaldo il Cr7, per esempio: il suo gesto tecnico-atletico è sì preciso, potente, ma meccanico rigido: è grande tecnica, non è arte.
    Ronaldo, infatti, è uno straordinario “meccano” al di qua dell’arte: non è un poeta del gioco del calcio, né lo sarà.
    Maradona scatta danzando, sembra leggero sollevarsi sul terreno – gli altri scattano più rigidi, più pesanti.
    E lo hai ben detto tu Tonino (che di calcio te ne intendi e lo hai praticato in gioventù) nel tuo articolo dove sottolinei “L’attimo di un goal o di un dribbling” e dunque il dare felicità, il potere dell’arte “come quando si legge una poesia, si ascolta musica, si osserva un quadro…”

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