“L’immaginazione è la facoltà della scoperta, prima di tutto. E’ quella che penetra nei mondi nascosti intorno a noi, i mondi della scienza”.
L’autrice di questa frase è Ada Byron, nata a Londra nel 1815, figlia della matematica Lady Annabelle Milbanke e del poeta Lord George Byron che abbandonò la figlia a pochi mesi dalla nascita. La madre, poiché non gradiva che Ada seguisse le orme paterne dedicandosi alla poesia, la spinse allo studio delle materie scientifiche, in particolare della matematica.
A 17 anni, con le sue acute osservazioni, Ada incantò il matematico Charles Babbage, inventore della “macchina differenziale”, che la introdusse allo studio della matematica avanzata e che, impressionato dall’intelligenza e dalla perspicacia della ragazza, la soprannominò “incantatrice di numeri”.
La giovane donna era particolarmente interessata al lavoro a cui Babbage si stava dedicando, la “macchina analitica”, il primo prototipo di un computer meccanico. Babbage aveva inventato l’hardware della macchina ma l’idea rivoluzionaria di Ada è quella di creare una macchina che possa maneggiare non solo numeri ma anche operazioni logiche; con il suo intuito, capì che le macchine computazionali avrebbero potuto elaborare qualsiasi tipo di informazione, parole, immagini, musica. Ada, che nel frattempo aveva sposato il futuro conte di Lovelace, ne prenderà il nome e da quel momento sarà per tutti Ada Lovelace.
Le note che Ada aggiunse ad un articolo sulla macchina analitica di Babbage, scritto dall’Ingegner Luigi Menabrea (futuro Primo Ministro del Regno d’Italia), contenevano quello che si può considerare il primo algoritmo progettato per essere eseguito su una macchina analitica. Inoltre, teorizzando il processo con il quale un motore può ripetere una serie di istruzioni, pose le basi per i linguaggi di programmazione di oggi, mostrando la capacità di prevedere molte delle future applicazioni dei computer moderni.
Per questo e per altri dettagli contenuti nelle note ( si pose anche il problema dell’intelligenza artificiale), Ada Lovelace è considerata la madre di tutti i programmatori di computer e il suo algoritmo, progettato nel 1843, è riconosciuto come il primo programma informatico della storia, il primo esempio di software che gettò le basi della moderna informatica.
Cent’anni dopo nel 1950, Alan Turing, proprio dal lavoro di Ada, prese l’ispirazione necessaria per costruire il primo moderno computer sostenendo la possibilità dell’intelligenza artificiale a cui Ada aveva accennato nelle note dell’articolo di Menabrea; Alan Turing la chiamerà “l’obiezione di Lady Lovelace”.
Ada morirà di cancro nel 1852 a soli 36 anni chiedendo di essere sepolta accanto a suo padre, che non aveva mai conosciuto. La sua scienza era insieme visionaria e poetica ; arte e tecnica, poesia e matematica erano per lei una cosa sola. Al suo lavoro non venne dato alcun riconoscimento e per decenni fu dimenticato.
Nel 1979, finalmente, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti chiamerà “ADA” un linguaggio di programmazione che sostituirà gli oltre 400 idiomi diversi in uso nella gestione di banche dati del Pentagono. Dal 2009, il secondo martedì di ottobre, si festeggia nel mondo l’ ”Ada Lovelace day”, giornata nella quale si celebrano i risultati conseguiti dalle donne in campo tecnologico, si promuove l’abbattimento dei pregiudizi e degli stereotipi di genere nonché l’abbattimento delle barriere d’accesso e progressione delle carriere per le donne. 170 anni fa Ada scriveva profeticamente: “Questo mio cervello è qualcosa di più che semplicemente mortale, e il tempo lo dimostrerà”.
Emergono dalla storia sempre più spesso dei documenti che mettono in luce tante figure femminili che hanno dato un contributo di notevole spessore in campo letterario, artistico e scientifico.
Il racconto sulla scienziata Ada Lovelace ne è un rimarchevole esempio, in quanto mette in luce l’importante lavoro scientifico al quale la studiosa di matematica si è dedicata e anche come il suo contributo sia stato successivamente riconosciuto e premiato da parte del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti assegnando il suo nome “ADA” ad un importante linguaggio di programmazione.
L’apporto delle donne, seppure sviluppato sempre in condizioni di estrema difficoltà, è stato fondamentale nei vari campi. Le difficoltà sono tuttora riscontrate e verificate valutando ad esempio il modestissimo numero di premi Nobel assegnati alle donne (4%!) ma anche l’attuale basso numero di ricercatrici donne che a livello mondiale fatica a raggiungere il 30% (Women in science 2018). Solo negli anni più recenti si sta prendendo consapevolezza, mentre nel tempo tutto questo è stato spesso disconosciuto.
Un altro significativo esempio, poco noto soprattutto presso il mondo occidentale, interessante da sottolineare, è documentato dal fatto che la prima Università al mondo è stata fondata nel 867 d.c. da una donna, Fatima Al-Fihriya nella città di Fes in Marocco.
Durante un recente viaggio in Marocco, ho avuto l’opportunità di visitare l’Università della città di Fes e di scoprire solo allora essere la prima Università al mondo, mentre pareva assodato che la prima fosse quella di Bologna (Alma Mater) fondata nel 1088.