Le aspettavo…
sarebbero tornate
a segnare il cielo
dei loro voli lievi
come soffio di vento,
irregolari e inesausti,
ebbre di libertà.
Le aspettavo come una festa
che si ripete ancestrale
al cosmico ritmo del tempo.
Giungono da contrade lontane,
per il firmamento senza frontiere,
e spesso ritornano
nelle loro piccole dimore
di fango e paglia,
in stalle, granai, nei sottotetti
dei paesi e forsennate città,
e le umane genti si fermano,
finalmente, ad osservarne
la misteriosa maestria,
e le rispettano
come domestici Lari.
In quelle dimore sospese,
in coppia, ad accudire
la pigolante prole
Avanguardie, pioniere
ad indicare la rotta,
avvisaglie di tempi migliori,
Speranza e aruspici
per altre che verranno,
e, forse, anche per noi.