Si moltiplicano gli appelli dei candidati sindaci, le lettere ai cittadini, la richiesta di incontri con cittadini singoli e associati, l’uso dei social per far arrivare i messaggi, i santini con i volti sorridenti dei vari componenti le liste, gli slogan accattivanti. Ciascuno di essi è animato da buoni propositi, ma sarà nella quotidianità dell’azione amministrativa che si misurerà l’attenzione ai problemi della cittadinanza, piuttosto che dal fervore effimero delle due settimane che precedono il voto.
In questi ultimi anni di attività, nel campo specifico dei libri, raramente abbiamo visto (tranne qualche eccezione) cittadini consiglieri o esponenti di forze politiche partecipare a presentazioni di libri. Certo c’è stato il terribile black out del Covid, ma anche prima non era diverso. La domanda è: i libri servono? La cultura serve? Oppure, per dirla con una battuta di un ministro della Repubblica, “Con la cultura non si mangia”? Lo stesso Next generation EU (meglio noto come Recovery Fund) pone al centro dei propri obiettivi la Cultura che, nelle sue varie articolazioni (scuola, università, teatro, cinema, musica, spettacoli) è la chiave dello sviluppo futuro.
Di una cosa siamo convinti: la cultura non ha tanto bisogno della politica, è piuttosto la politica in questa fase storica così complessa, con tutti i grandi ed epocali mutamenti in atto, ad aver bisogno della cultura.
Ribadiamo alcuni principi che guidano il nostro modo di operare e che poniamo all’attenzione delle forze politiche e della futura amministrazione, a qualunque lista appartengano
–Le attività culturali, come quelle scolastiche, sono generaliste, nel senso che si rivolgono a tutti i cittadini, a prescindere dall’appartenenza (così come il decoro urbano, la manutenzione delle strade, la tutela dell’ambiente ecc…) Per questo sono trasversali e dovrebbero avere l’attenzione della pubblica amministrazione sempre e comunque, nell’alternarsi delle forze politiche al governo di un paese
–La cultura, nel suo vario manifestarsi attraverso l’associazionismo, è la chiave di ogni sviluppo futuro, per questo ogni comune dovrebbe avere una sua politica culturale, così come ha il suo PUC. Tale politica dovrebbe essere aggiornata anno per anno attraverso il Bilancio di previsione, che deve vedere il concorso di tutte le Associazioni (anche in forme nuove e diverse dalle tradizionali e ormai desuete assemblee)
–Le attività delle Associazioni culturali mirano alla crescita della collettività, nell’alveo dei principi costituzionali, con particolare attenzione all’inclusione sociale, all’attenzione ai più deboli, agli immigrati e ai portatori di disagio in senso lato
–L’Amministrazione non deve promettere, ma più semplicemente “non ostacolare” le attività delle associazioni, cioè consentire il libero svilupparsi del loro operare secondo le finalità che ciascun associazione si è data
-Le Associazioni culturali sono Libere, e la loro libertà è garanzia di pluralismo e democrazia.
Antonio Sitzia, Presidente di Equilibri, Circolo dei lettori di Elmas
Caro Tonino, innanzitutto scusa per il ritardo.
Per quanto riguarda la tua mail, sì, hai ragione, siamo in campagna elettorale e ciò che tu dici è certo vero, come è evidente che l’azione amministrativa sarà lo specchio che immancabilmente rifletterà e misurerà la corrispondenza tra “l’effimero fervore” della campagna elettorale e la qualità e l’efficacia, dell’amministrare concreto.
La tua interrogazione “i libri servono? La cultura serve?”, ha la risposta in sé. Non solo servono ma sono indispensabili. Dopo e durante la lettura di un libro ci assalgono i perché, affiorano riflessioni e quindi siamo obbligati a confrontare le nostre idee\convinzioni con un pensiero altro.
L’humus della convivenza civile e sociale: un arricchimento continuo della nostra personale
esperienza\conoscenza.
I libri ci permettono l’ampliamento dei nostri orizzonti, ci danno una mano a capire l’altro oltre noi stessi. La politica, quella buona, è servizio alla collettività; senza cultura non può porsi. Priva “dell’anima” fondante, diventa asfittica e utilitaristica, fine a sé stessa, e nel suo deteriorarsi, conservativa di un mero e bruto potere, diventa “cattiva politica”.
L’idea di un PUC della cultura è stimolante e condivisibile: costruire insieme e aggiornare con i cittadini e le loro associazioni un piano programmatico della cultura. Più o meno simile al PUC così come conosciuto quale strumento programmatorio e partecipato (almeno così dovrebbe essere) dell’idea di vivibilità della moderna comunità urbana. Molto ancora si potrebbe dire. Alcune cose bisognerà farle da subito. Penso a
una sorta di “Stati Generali della Cultura”.
Fare il punto, raccogliere idee e propositi per una discussione aperta e partecipata di tutta la comunità.
Certa del tuo prezioso contributo e dell’associazione “Equilibri”, cordialmente ti saluto
La lista Elmas Città Futura con Maria Laura Orrù