È inverno e ancora echi
di giochi infantili,
stridio di gabbiani
a lambire le onde
su questa solitaria spiaggia
modellata da eterno logorio,
su cui come uno strascico principesco
si adagiano ciottoli e conchiglie
che il mare deposita
levigate ed esauste,
variegate di bizzarre forme.
Se ne raccolgono alcune
a sentire il suono
del vento e delle tempeste,
le voci delle profondità pelagiche,
voci di naufraghi e viaggiatori,
racconti che vengono
da lontano, là oltre l’azzurro,
dolenti voci di migranti
e richiami di sirene.
Sono lievi le orme dei gabbiani
e le nostre invece calpestio.
Poi basta una notte,
il moto del mare,
risacca e marea,
spazzano via le orme,
come un soffio la nostra vita,
come i nostri sogni
che vanno e vengono.
Più in là della rena
tra gli elimi fluttuanti al vento,
le salicornie carnose,
e i sacri gigli,
un brivido…povere scarpe
depositate dai marosi.