Con il loro intervento Anna Musinu e Mariano Casu ci offrono una sintesi efficace, un resoconto puntuale del seminario, tenutosi nella sala consiliare del Comune di Elmas, “Uno sguardo al futuro scenario energetico: le rinnovabili”.
Farò alcune considerazioni sulla prima parte della sintesi che Anna e Mariano hanno voluto sottolineare con dei titoli, il primo dei quali “Il problema energetico”. Hanno ripreso la lezione precisa, formidabile, esposta con grande chiarezza dal Prof. Saba. “L’energia serve a tutte le nostre attività […] La utilizziamo per trasportare persone e merci e per produrre oggetti, servizi, manufatti e beni di consumo nelle industrie, etc, etc”.
Di grande interesse i dati, ripresi da Anna e Mariano, sulla emissione di anidride carbonica che dimostra come l’attuale produzione non è più sostenibile: da qui la seconda sottolineatura “Aumentare le rinnovabili: una necessità – Il caso della Sardegna”.
Ripropongo le domande, che in altre occasioni ho avanzato, domande che ritengo cruciali. Ecco: quanto produrre (e dunque quanto consumare), per chi produrre, che cosa produrre, come produrre (con quali fonti energetiche, appunto); in quali condizioni di lavoro; attenti alla ubicazione delle fabbriche, alla salute dei lavoratori e degli abitanti. Chi e come decide in rapporto a queste domande. Il “chi” beninteso come soggetto plurale e democratico.
I dati riportati mettono in rapporto i combustibili fossili, attualmente utilizzati per oltre l’80%, con l’accumulo di CO2 (prodotto principale della combustione) assai difficile da eliminare. Da qui l’effetto serra, il mutamento del clima, lo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide e un conseguente sollevamento degli oceani. Le energie rinnovabili diventano una necessità – soprattutto il fotovoltaico e l’eolico. Interessanti i calcoli che mettono in rapporto la produzione di questa energia con la superficie di territorio occupata. (Pannelli: per una fornitura di 4,5GW occorrerebbero 150Kmq. Pale: la stessa fornitura richiederebbe 1700 Kmq).
Chi produce questi impianti? E da che cosa è mosso? Dalla logica del mero profitto industriale (o, peggio, soltanto finanziario quando non è nemmeno l’imprenditore industriale ad agire, ma un Fondo, una Banca internazionale chissà dove ubicata), o secondo una politica industriale energetica rispondente ad un bene generale comune, alle esigenze di intere popolazioni? Può chi ha determinato l’attuale disfacimento dell’ambiente, ora proporsi come il suo salvatore? Se prevarrà la logica del profitto e del mercato fuori controllo, quanto diverranno i 150 Km quadrati per i pannelli? E i 1700 Km quadrati per le pale eoliche? Sarebbe necessaria una seria programmazione democratica rispondente alle esigenze di un territorio e della sua popolazione. E dunque auspicabile anche un serio coordinamento nazionale ed europeo.
Un’ultima osservazione sul rapporto tra mobilità e inquinamento ambientale.
A – trasporto delle merci. In Italia il sistema di trasporto delle merci è basato sulla gomma, i mezzi utilizzati sono i Tir. L’equivalente di 30 – 40 Tir, che consumano gasolio, potrebbe essere trasportato da un solo elettrotreno che utilizza energia pulita e con un notevolissimo risparmio. Non solo, togliendo dalle strade, già tanto trafficate, una presenza così ingombrante. Ecco, un sistema di trasporto ferroviario basato sui treni e articolato sul nostro territorio nazionale. C’è poi l’immenso traffico mondiale delle merci lungo le vie del mare. Il problema (non vorrei farla semplice) a me pare: quale propellente pulito per i motori delle grandi navi, sulle rotte oceaniche, oggi sospinte dal petrolio.
B – trasporto delle persone. Attualmente siamo dentro una mobilità individuale su auto. Inquinamento, ingorghi giornalieri soprattutto nelle città con danni alla salute e alle cose. E incidenti e morti e invalidi gravi. Credo che la soluzione, benché sarebbe meno inquinante, non sia quella dell’auto elettrica, come da più parti si auspica, dando per scontata la permanenza comunque dell’automobile. Sarebbe necessaria una soluzione radicale, certo graduale, in una prima fase parziale, intendo l’abbandono dell’auto, verso una sua soppressione pressoché totale. Un trasporto collettivo soprattutto nelle grandi città, in un sistema integrato di autobus elettrici, tram, treni metropolitani per il centro e l’hinterland. Mi rendo però conto che questa rivoluzione della mobilità non si farà né fra 50 anni, né fra 150. Per come siamo diventati nel rapporto con l’automobile, forse non avverrà mai.
Ringraziamo Gabriele per le considerazioni e per le stimolanti osservazioni. Vorremmo precisare che facciamo nostre le tue domande e gli interrogativi. È tuttavia molto difficile fornire risposte semplici e soddisfacenti. Ovviamente la produzione dell’energia dipende strettamente dalla domanda. L’auspicio è sempre quello di utilizzare al meglio le possibili fonti rinnovabili (a parte il nucleare per il quale in Italia siamo in tutti i casi fuori tempo massimo) sostituendo nella percentuale più alta possibile le fonti fossili. La realizzazione di questo proposito è in prima istanza in mano alla politica e in secondo luogo alla tecnologia. Non dobbiamo dimenticare che ciascuno di noi dovrebbe fare la sua parte con un comportamento oculato nei confronti del consumo. La tecnologia non ha in mano gli strumenti per rispondere alle molteplici esigenze in modo esauriente. Come abbiamo sottolineato più volte è indispensabile avere un mix delle diverse fonti per poterle utilizzare in modo complementare e favorire la costituzione, ove possibile (per esempio nei luoghi abitati), di comunità energetiche dove produzione e consumo di prossimità permette per sua stessa natura di NON SPRECARE. Tutto ciò avrebbe ricadute positive sulla salute dei lavoratori e degli abitanti.
Quanto alla domanda di energia, non possiamo fermarci alle necessità di consumo della nostra isola, che potrebbe invece rappresentare in questa fase un luogo ideale (date le condizioni climatiche) per l’installazione di impianti che forniscano energia per l’industria e per l’esportazione.
I principali produttori di impianti di rinnovabili (eolico e fotovoltaico) sono in Cina. L’importazione di impianti, materiali ecc. rappresenta un problema di enormi dimensioni per l’Italia. Anche in questi giorni, a seguito dei ricatti della Russia, potremmo trovarci con circa il 20% in meno di energia (per la mancanza di gas) e tutto ciò sta portando addirittura a parlare di possibile “riapertura delle centrali a carbone”! Ciò fa ulteriormente capire la complessità del problema, in questo caso tutto politico, ma anche determinato da politiche precedenti che non hanno avuto la lungimiranza di installare impianti di rinnovabili negli anni precedenti; la tecnologia in questo caso c’era tutta! Tutte le altre domande sono assolutamente in mano alla politica, compresa la scelta di ubicazione degli impianti. Anche le scelte politiche effettuate in passato che hanno privilegiato il trasporto su gomma sono state fortemente penalizzanti nei confronti dell’inquinamento e la produzione di CO2.
Spetta a noi mandare al governo nazionale e a quelli regionali le persone preparate e adeguate alle necessità del paese.