18 Dicembre 2024
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Già visti

Faticano le parole

e fratti sono i versi

come questi muri

anneriti e scheletrici,

occhi vuoti

da cui escono fantasmi,

nel vermiglio delle ferite,

le coltri pietose

a coprire corpi,

e alla rinfusa sui selciati

orsetti e bambole monche,

e anziani smarriti

in queste frontiere

già segnate da storie

che si ripetono

e il fumo nero e denso

all’orizzonte e frecce luminose

nelle notti delle guerre.  

Si muovono i tank

come zombi ferrosi,

e già li abbiamo visti

in epoche non lontane

sputare le loro sentenze di fuoco.

Si allungano come rosari

le file dei profughi,

già le abbiamo viste

le fosse comuni

da cui riesumare corpi,

e nomi e cognomi

a riannodare storie

nelle terre dove l’uomo

operoso ritorna,

e nella terra dove imbiondisce

il grano e il girasole.

Li abbiamo visti,

i visi imberbi e feroci,

con occhi di ghiaccio

eseguire gli ordini di Marte,

e visi rugosi con occhi di fuoco

scavare trincee di nere mani,

mentre sullo sfondo

scorrono in processione

i Cesari di tutti i tempi,

le mostrine e le cravatte,

le bianche mani

A tirare le fila…

Tonino Sitzia

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1 commento

  1. Non è facile scrivere versi sulla guerra. Con la poesia ci si approssima al canto e, certo, facile non è “cantare” la guerra. Soprattutto le guerre d’oggi, dove scompaiono gli eroi e le “gesta” sono crimini efferati e abietti. Così è per questa guerra in atto che subisce l’Ucraina.
    Ma Tonino, però, spinto da una esigenza forte di denuncia e di ripulsa, ha scritto “Già visti” poesia che comincia così: “Faticano le parole/ e fratti sono i versi”. E continua rendendoci la visione dei campi di battaglia e di morte. E l’andare ritmico spezzato dei versi ben si addice all’orrore e allo strazio dei corpi…

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