18 Dicembre 2024
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Pietro Del Soldà: “La vita fuori di sé. Una filosofia dell’avventura”(Marsilio, 2022)

Ogni volta che sentiamo pronunciare la parola avventura, oppure la leggiamo sui libri, o la viviamo al cinema o in TV, scatta in noi una sorta di infantile felicità, pura illusione certo, sensazione di un attimo, richiamo a momenti dell’infanzia, quando tutto può apparire possibile, l’avventura è dietro casa, nelle campagne non ancora urbanizzate, in qualche muro diroccato o sentiero inesplorato, e quando il futuro ha un senso.    

Forse per questo, come attirato da una calamita, sono andato alla  presentazione del libro di Pietro Del Soldà, presentato a Cagliari il 27 novembre scorso nell’ambito della tre giorni dell’undicesima edizione del Festival Pazza Idea, che era cominciato due giorni prima e che aveva come tema “Officina futuro”, organizzato dall’Associazione “Luna scarlatta”, diretta da Emilia Fulli e Mattea Lissia.

Quando il futuro è incerto e oscuro, come di questi tempi, l’arte nelle sue varie manifestazioni, letteratura, poesia, cinema, musica, arti visive, teatro, con la materialità del suo lavoro, può aprire nuovi scenari e prospettive, soprattutto alle generazioni più giovani.

Pietro Del Soldà, filosofo, regista, autore e conduttore radiofonico di Tutta la città ne parla e Zarathustra (Radio 3) affronta il tema dell’avventura sul piano teorico e pratico. I due piani si incrociano e intersecano continuamente nel racconto, con salti temporali dall’età classica alla contemporaneità, ricorrendo ad alcune biografie esemplari di personaggi che nel corso della storia, pur nella diversità dei percorsi di vita e dei tempi storici, esprimono un modo di intendere la vita, i rapporti con sé e con gli altri, che ne rende attuale la loro conoscenza e la riflessione critica.

Nella presentazione del libro a Cagliari Del Soldà è partito da una domanda:   “Rimanendo avvinghiati alle nostre radici, isolandoci, tradiamo noi stessi? La felicità passa anche dall’andare, dall’esplorare, dal costruire delle relazioni fuori dalle solite mura?”

È quanto hanno fatto i protagonisti del libro: Erodoto,  Kapuściński, Hugo Barine, il protagonista del dramma teatrale “Le mani sporche” di Sartre, Montaigne, Alexander von Humboldt, Isabelle Eberhardt,  Vladimir Jankélévitch, Nikos Kazantzakis.

Ciascuno a suo modo si è avvicinato al significato etimologico della parola avventura. La derivazione latina è ad ventura, che è di genere neutro plurale, tradotto “le cose che verranno”, mentre in italiano diventa avventura. Dunque ad venire, ciò che può avvenire. Avventurarsi “fuori di sé”, che è anche il filo conduttore del libro, presuppone, secondo l’autore, affrontare tre problemi contemporanei: l’essere schiacciati sul presente, l’Io e il noi tiranni, la trappola delle aspettative, cioè rispondere a modelli standard per avere successo o approvazione.

È noto come l’identità individuale ci sia necessaria per sfuggire al caos, alla pazzia e all’insensatezza, a volte, della vita, ma, sostiene l’autore, “L’identità forte rimuove la coscienza della sua fluidità di fondo, è l’identità di chi è inconsapevole di questa natura instabile dell’Io me anche di qualsiasi Noi (etnico, linguistico, nazionale, religioso…) al quale sente di appartenere. È dunque un errore di prospettiva che l’essere umano commette nei confronti di se stesso, quando si lascia tentare dalle sirene del narcisismo egolatrico o del sovranismo”.

I diversi protagonisti del libro, e le loro biografie, sono tutti interessanti, ma mi soffermo brevemente su due di essi, lasciando gli approfondimenti su ciascuno di essi alla lettura del libro: Erodoto (Alicarnasso tra 490 e 480-Atene 424 a.C. ca) e Alexander Von Humboldt (14 September 1769 – 6 May 1859).

Del Soldà dedica molte pagine a entrambi. Erodoto, uno dei padri della Storia, curioso osservatore degli usi e costumi di popoli diversi, tanto da essere ritenuto il padre dell’Etnografia,  visitò la Fenicia, la Mesopotamia, l’Egitto, la Scizia (cioè il paese degli Sciti, insediati sulle coste asiatiche del Mar Nero).

Nel 6° dei 9 libri delle sue “Storie”, racconta della celeberrima battaglia di Maratona, che si combatté nel 490 a.C quando l’esercito dell’impero persiano di Dario I si scontrò con quello delle poleis greche di Atene ed Eretria. Le due città greche dovevano essere punite per aver dato aiuto militare alle città colonie greche che si erano ribellate all’impero. Gran parte degli storici ritengono che le “Storie” di Erodoto siano la fonte più attendibile della battaglia, e delle Guerre persiane, alcuni discutono della sua totale attendibilità in quanto lo stesso Erodoto afferma di essersi servito di fonti orali (soprattutto dei veterani).

Del Soldà focalizza il suo ragionamento sullo spirito avventuroso di Erodoto e sul raccontare del dibattito tra gli ateniesi su come reagire allo sbarco persiano sulle coste greche: stasis o movimento, attaccare o aspettare? La chiave di volta è Milziade e il suo decreto leggendario “attaccare subito, uscire dalla città” per sorprendere i Persiani e sconfiggerli anche se le loro forze sono soverchianti.  E questo motto si allarga come una metafora, forse attuale oggi: uscire dalla comfort zone, dalle chiusure aprioristiche, dalle paure, dalle abitudini.

Vladimir Jankélévitch, filosofo e musicologo di famiglia ebrea russa trasferitasi in Francia, uno dei protagonisti del libro di Del Soldà, nel parlare di avventura distingue tra l’avventuriero “che è un professionista”, dall’avventuroso, che è un eterno debuttante. Essere debuttanti, riconoscere il nostro dilettantismo verso le cose del mondo e verso il Tempo a cui siamo inesorabilmente legati, un certo atteggiamento verso l’ignoto e il diverso, ci rende forse più pronti a capire il mondo nella sua complessità, e dunque anche noi stessi.    

È quello che ha fatto anche Alexander Von Humboldt, di cui si può leggere, proprio in questi giorni, la straordinaria biografia nel sito di Equilibri (curata egregiamente da Anna Musinu e Anna Tocco). Anch’egli trova se stesso “fuori di sé”, rompendo gli schemi opprimenti di una famiglia autoritaria e chiusa, cercando un altrove lontano dal proprio mondo, scoprendo che come la pretesa del dominio dell’uomo sulla natura, sia fallace, allo stesso modo lo è quella dell’uomo sull’uomo, e dunque scoprendo e anticipando concetti dibattuti e irrisolti oggigiorno, vale a dire “il nesso tra scienza, ecologia, etica e politica” .

Quale il lascito di Humboldt? Scrive Del Soldà: “L’avventurarsi di Humboldt oltre gli schemi del già noto torna drammaticamente di attualità, spingendoci a modificare il nostro modello di conoscenza, a liberarci dei pregiudizi che ci rendono schiavi di una visione che tende alla crescita infinita, del tutto irrazionale. Le sue parole  e i suoi viaggi, le sue scoperte, le sue emozioni, la sua straordinaria energia ci avviano ad una trasformazione rivoluzionaria delle nostre vite da cui non possiamo prescindere”

Certo non bisogna essere Humboldt per capire il senso dell’avventura, o tentare di scalare il Chimborazo come lui fece. Piuttosto essa, citando il saggio di Georg Simmel La filosofia dell’avventura è un qualcosa di extra-ordinario, che rompe l’ordinario scorrere del nostro tempo, come “un corpo estraneo che però nasconde in sé un mistero”, dura un attimo, ha un inizio e una fine, ma in quell’attimo realizziamo noi stessi.

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1 commento

  1. Grazie Tonino per aver proposto la recensione del libro: “La vita fuori di sé. Una filosofia dell’avventura” di Pietro Del Soldà. Appare estremamente interessante perché sembra completare egregiamente la serie dei libri dedicati alla storie avventurose degli scienziati naturalisti Darwin e Humboldt, già riportate nel sito di Equilibri. In questo libro non è riportata una biografia “avventurosa” come quelle dei due scienziati, ma il concentrarsi sulla “definizione di avventura”, con citazioni di classici quali Erodoto e tanti altri, fornisce un aspetto di fondamentale importanza

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