“La signora dei mondi invisibili”, di Marco Ciardi, potrebbe rivelarsi il libro ideale per avvicinarsi alla personalità di Marie Curie. Un testo breve e scorrevole, che racchiude in modo equilibrato e appassionante, la biografia e i traguardi scientifici della scienziata. Il libro è anche arricchito da affascinanti fotografie d’epoca che documentano il periodo storico. Ciardi riporta gli elementi essenziali e significativi della biografia di Marie Curie, dalla quale emerge il suo amore per la libertà e il rifiuto di ogni autorità, sia nella sua vita privata che in quella professionale, come affermò il suo amico Albert Einstein, che dirà: «È, fra tutte le persone celebri, la sola che la gloria non abbia corrotto».
Marie Curie, nota al mondo con questo nome, nacque a Varsavia il 7 novembre del 1867 e le venne dato il nome di Marie Salomea Skłodowska. La sua data di nascita è diventata, in suo onore, la Giornata Mondiale della Fisica Medica. La sua era una famiglia “illuminata” e ricca culturalm,ente. L’insegnamento era la vera missione sia per il padre, insegnante, e che per la madre, dirigente scolastica. Intraprendevano con i cinque figli conversazioni su temi di varia natura, sulle condizioni della Polonia, occupata dai russi, e sulla possibilità di liberazione demandata alle giovani generazioni, creando una sorta di “insegnamento permanente”.
Ultima dei cinque figli, Marie si rivelò bravissima a scuola fin da piccola e le dolorose vicissitudini di malattia e perdita del posto di lavoro che la famiglia dovette affrontare, si rivelarono per lei uno stimolo per lo sviluppo di un carattere forte e indipendente. Si diplomò a 15 anni, risultando la prima della classe. Intendeva proseguire gli studi con forte determinazione, frequentando la scuola di Medicina. In Polonia, tuttavia, le donne non potevano accedere a quella scuola. Riuscì così a stabilire con la sorella Bronia un accordo: Bronia si sarebbe trasferita a Parigi e Marie le avrebbe pagato gli studi con il suo lavoro di educatrice e la sorella, una volta terminati gli studi, avrebbe pagato gli studi per Marie. Gli anni di lavoro come educatrice e governante furono spesso duri e condotti in ambienti insostenibili che rafforzarono la sua idea della necessità di diffondere la cultura.
A seguito di questi anni di tanti sacrifici e studi da autodidatta, arrivò finalmente alla Sorbona di Parigi all’età di 24 anni, dove si fece notare fin da subito. Fu lì che incontrò il fisico Pierre Curie, (1859-1906). Si ritrovarono immediatamente a condividere gli stessi ideali, sia nei confronti della società sia nell’attaccamento alla scienza. Si sposarono nel 1895 ed ebbero due figlie: Irène Joliot-Curie (1897–1956) e Eve Curie (1904–2007).
La loro vita quotidiana, dedicata alla ricerca, si rivelò da subito difficile: conducevano esperimenti nei quali si sviluppavano gas tossici senza avere una cappa aspirante, in un magazzino piuttosto disastrato dell’Ecole Municipale de Physique et Chimie Industrielle, con il tetto rotto e al freddo. Nonostante queste difficoltà, diedero vita insieme a «uno dei capitoli più complessi, ma al tempo stesso affascinanti, della storia della scienza: la scoperta e la definizione delle proprietà delle sostanze radioattive»
Nel 1898 scoprirono che pochi decigrammi di materiale estratto da vari quintali di pechblenda (minerale fonte naturale di uranio) risultavano centinaia di volte più radioattivi (parola coniata dai Curie) di quanto osservato per l’uranio.
In alcuni periodi i coniugi Curie accusavano una estrema debolezza a causa delle forti radiazioni, ma, nonostante questo, lavorarono entrambi senza sosta dedicandosi con grande passione al laboratorio, all’insegnamento e alla famiglia. Le loro scoperte cambiarono il mondo perché avviarono gli studi verso la medicina nucleare, i radio farmaci, la radioterapia per la cura dei tumori.
Marie e Pierre Curie vinsero nel 1903 il Premio Nobel per la fisica, in riconoscimento dei servizi straordinari resi attraverso il loro lavoro comune sui fenomeni radioattivi. L’Accademia inizialmente intendeva assegnare il Nobel solo a Pierre Curie, perché nella Commissione che doveva assegnare il Nobel si sviluppò una certa ostilità nei confronti di Marie in quanto donna, e, solo dopo l’intervento di tanti scienziati, fu inserito giustamente il nome di Marie. Marie fu la prima donna ad avere l’onorificenza del premio Nobel.
La loro vita insieme continuò fino al 1906, anno nel quale accadde una tremenda disgrazia: Pierre morì sul colpo perché investito da una carrozza mentre, in una sera piovosa, attraversava la strada. Marie si trovò così ad affrontare un periodo doloroso e difficile, del quale riferì lei stessa in un diario privato. Trascorsi alcuni anni di lutto, Marie si invaghì del fisico Paul Langevin, ex allievo di Pierre. La moglie di Langevin riuscì ad entrare in possesso della corrispondenza tra i due e a inviare le lettere ad un giornale. Scoppiò uno scandalo senza precedenti che si placò solo quando Marie, questa volta da sola, vinse nel 1911 il Nobel per la chimica, per la scoperta di due nuovi elementi chimici, il Radio e il Polonio. Viene sottolineato che Marie, oltre a essere stata la prima donna a ottenere una cattedra alla Sorbona, è stata la prima e unica scienziata al mondo a essersi aggiudicata il Nobel in due diverse discipline: la fisica e la chimica.
Tra gli aspetti più interessanti della sua personalità, pur senza volerne tessere un mito, risiede nella generosità e l’umiltà estrema, nel suo essere pacifista e ottimista. Dava una grande importanza all’attività fisica per il benessere dei bambini e degli studenti. Durante la Prima guerra mondiale si trasferì nel nuovo laboratorio in rue Pierre Curie, e lei stessa racconta nel suo diario: «Sentivo che era davvero necessario agli occhi avere la vista consolante del fogliame verde in primavera e in estate. Così cercai di rendere l’ambiente piacevole per coloro che dovevano lavorare lì» e per prima cosa fece piantare tigli e platani.
Ma l’aspetto più sorprendente della sua vita, con Pierre ma poi anche da sola, consiste nel fatto che non si è mai arricchita con le proprie scoperte. Sia lei che Pierre non hanno infatti mai voluto brevettarle. «L’umanità ha sicuramente bisogno di uomini pratici che sappiano valorizzare al meglio il proprio lavoro per il loro interesse, senza dimenticare quello generale. Ma ha bisogno anche di sognatori per i quali perseguire altruisticamente uno scopo è così tassativo che diventa impossibile per loro dedicare attenzione al proprio interesse materiale» Le preziose pagine del suo Diario, riportate da Ciardi, mostrano una donna consapevole e appassionata, che, oggi più che mai, può essere capace di influenzare le nuove generazioni con il suo attaccamento alla scienza e all’impegno sociale, entrambi indispensabili per «promuovere il bene generale dell’umanità». Questo bene si era perso durante la Prima guerra mondiale, e lei decise più che mai di impegnarsi a fondo per salvare quante più vite possibili.
Marie continuò a lavorare e insegnare con passione fino a che, a causa di una leucemia causata dalle radiazioni a cui era stata esposta per tanti anni, si spense a Parigi il 4 luglio 1934.
Grazie ad Anna e Mariano per averci ricordato la straordinaria figura di Marie Curie. Il suo essere donna e scienziata ne fa una delle personalità più importanti del XX secolo.
In lei ritroviamo due aspetti fondamentali sia per la scienza che per il genere femminile. Il suo modo di fare scienza ci insegna che essa non è pura e fredda tecnica ma è “meraviglia”, è come un bambino che guardando i fenomeni naturali s’impressiona come in una fiaba. Dunque ragione e passione non sono incompatibili, e per i tempi in cui ha vissuto questo suo modo di essere era scomodo e controcorrente.
Come donna ha rivoluzionato i costumi abituali del suo tempo, sfidando pregiudizi di ogni genere e messo in discussione gli stereotipi dell’epoca. La sua determinazione, l’insofferenza per i vincoli ingiusti, il disprezzo per ogni rischio personale, ci insegnano “a guardare oltre”. Marie Curie è stata un simbolo di indipendenza e modernità.
A distanza di oltre 150 anni dalla sua nascita la percentuale delle donne scienziate è solo del 29%, e tale dato scende ulteriormente man mano che si sale ai massimi livelli della ricerca. Servirebbero altre donne scienziate sul modello di Marie Curie per motivare le giovani donne a perseguire la carriera scientifica e migliorare la propria partecipazione alla ricerca e alla vita pubblica.