25 novembre: Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Cristina Torres – Cáceres
Si mañana no vuelvo
Si mañana no te contesto las llamadas, mamá. Si no te digo que voy a cenar. Si mañana, mami, no aparece el taxi.
Tal vez estoy envuelta en las sábanas de un hotel, en una carretera o una bolsa negra. (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Tal vez estoy en una maleta o me perdí en la playa (Emily, Shirley).
No te asustes, mamá, si ves que me apuñalaron (Luz Marina). No grites cuando veas que me arrastraron (Arlette). Mamita, no llores si te enteras que me empalaron (Lucía).
Te dirán que fui yo, que no grité, que fue mi ropa, el alcohol en mi sangre. Te dirán que fue la hora, que estaba sola. Que mi ex el psicópata tenía motivos, que yo fui infiel, que fui puta. Te dirán que viví, mamá, que me atreví a volar muy alto en un mundo sin aire.
Te juro, mami, que morí peleando.
Te juro, viejita, que grité tan alto como volé.
Se va a acordar de mi, ma, sabrá que fui yo quién lo jodió cuando me vea en el rostro de todas las que le van a gritar mi nombre. Porque sé, mamá, que no vas a parar.
Pero, por lo que más quieras, no ates a mi hermana. No encierres a mis primas, no prives a tus sobrinas. No es su culpa, mamá, tampoco fue mía. Son ellos, siempre serán ellos. Lucha por sus alas, por las que me cortaron. Lucha para que sean libres y vuelen más alto que yo. Pelea para que griten más fuerte que yo. Que vivan sin miedo, mamá, tal como viví yo.
Mamita, no llores mis cenizas.
Si mañana soy yo, mamá, si mañana no vuelvo, destruyelo todo.
Si mañana me toca, quiero ser la última.
Se domani non torno
Se domani non rispondo alle tue telefonate, mamma. Se non ti dico che torno per cena. Se domani, mami, vedi che il taxi non arriva.
Può darsi che io sia avvolta nelle lenzuola di un albergo, su una strada, o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Può darsi cha sia in una valigia o abbandonata su una spiaggia (Emily, Shirley).
Non spaventarti, mamma, se vedi che mi hanno pugnalata (Luz Marina). Non urlare se vedi che mi hanno trascinata (Arlette). Mammina, non piangere se ti dicono che mi hanno impalata (Lucía).
Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, che era l’alcol nel mio sangue. Ti diranno che è stato per l’orario, perché ero da sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva dei motivi, che lo avevo tradito, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che mi ero permessa di volare troppo in alto in un mondo senz’aria.
Ti giuro, mamma, che sono morta combattendo.
Ti giuro, cara mamma, che ho urlato davvero forte mentre volavo.
Si ricorderà di me, ma’, saprà che sarò stata io a rovinarlo, perché mi riconoscerà nel volto di tutte quelle che gli urleranno contro il mio nome. Perché so, mamma, che tu non ti arrenderai.
Però, per quanto tu possa volerlo fare, non imbrigliare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non vietare niente alle tue nipoti. Non è colpa loro, mamma, così come non è stata nemmeno colpa mia. Sono loro, saranno sempre loro [ellos, gli uomini, ndt]. Lotta per le loro ali, visto che le mie me le hanno tagliate. Lotta perché siano libere e possano volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho fatto io.
Mammina, non piangere sulle mie ceneri.
Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.
Il testo di Torres – Cáceres, architetta e attivista femminista peruviana, era stato scritto nel settembre 2017, dopo il femminicidio di Mara Castilla, una studentessa di 19 anni uccisa a Puebla, in Messico, dall’autista di un servizio di noleggio con conducente a cui si era rivolta per tornare a casa dopo una serata con gli amici.
I nomi, compreso quello di Mara, sono tutti di donne vittime di femminicidio. Il testo era stato scritto di getto, senza alcuna pretesa letteraria e senza prevedere la grande diffusione che avrebbe avuto.
La poesia è stata citata da Elena Cecchettin, sorella di Giulia Cecchettin, l’ultima vittima di femminicidio in Italia, in una lettera al Corriere del Veneto. Elena aveva scritto “Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto” accogliendo il titolo dato alla poesia e ormai diffuso a livello planetario “Se domani non torno, bruciate tutto”
Per millenni abbiamo vissuto con “metà del cielo” in schiavitù. E: o non ce ne siamo proprio accorti (quasi fosse cosa scontata, “naturale”), o l’abbiamo chiamato amore.
Per millenni nelle nostre tavole, nei nostri letti, nelle nostre cucine è corsa una linea d’apartheid tra noi e le donne nell’indifferenza maschile.
Quando questo mondo più o meno “pacificato” nell’ingiustizia, nel sopruso e nel privilegio, ha cominciato a traballare, a urlare contro un silenzio millenario (nel volgere degli ultimi 70 anni: il voto alle donne, la possibilità di divorziare, di interrompere una gravidanza, l’abolizione del “delitto d’onore”, lo stupro non più reato contro la “morale pubblica”, ma violenza contro la donna, il suo corpo) ecco la reazione maschile che versa il sangue delle donne nelle nostre case, per le nostre strade. Scuotiamoci, noi maschi, e portiamo avanti con le donne protagoniste questa rivoluzione femminile.