Sabato 27 gennaio 1945: i soldati dell’Armata Rossa erano arrivati nei pressi del campo. Le prime avanguardie avevano raggiunto la prima fila di filo spinato già di primo mattino quando ancora le ombre della notte non consentivano di percepire chiaramente la realtà. Era l’avanguardia della divisione di fanteria numero 322 – Primo Fronte ucraino. Poi quando il mattino fece chiarezza, erano come inchiodati dallo stupore.
Il cielo era grigio come i cumuli di neve sporca nello sterrato. Si erano fermati coi loro cavalli ai bordi del reticolato che lo delimitava. La loro baldanza militare si era arrestata sulla lieve altura che lo dominava. A stento scambiavano battute cameratesche. In silenzio si guardavano tra loro, quasi a cercare con quali parole commentare quanto vedevano. La stanchezza della guerra, le notti insonni e le lunghe marce vero ovest trapelavano nei visi giovani e imberbi. Alcuni, quelli più anziani, avevano barbe incolte, tratti duri e rugosi, avvezzi alla guerra, ad ammazzare e farsi ammazzare. Tenevano in mano i loro cappelli di pelo su cui era appuntata la stella rossa con la falce e martello. Guardavano in basso e un oscuro sentimento, tra pietà e orrore, rendeva amara la vittoria.
Si sentivano da lontano gli scoppi di artiglieria delle truppe tedesche in ritirata verso ovest, bisognava superare la Sola e la Vistola, vigilare se il terreno non fosse minato, e qualche cecchino sparava ancora da qualche torre di avvistamento. E chi lo sapeva che erano entrati, già dall’alba, nei 40 chilometri quadrati occupati dai 39 campi di lavoro, detenzione e sterminio del complesso di Monowitz, Birkenau, Oświęcim, quella che i tedeschi, ancor prima che diventasse un campo di sterminio, chiamavano Auschwitz? Oświęcim, circa 70 km da Cracovia, era un’antica città polacca, e da sempre polacchi e tedeschi, ebrei e protestanti vivevano pacificamente e insieme.
Dmitriy, Maksim, Aleksandr, Sergey, Ivan, Matvey… erano tra i soldati dell’Armata rossa che arrivarono ad Auschwitz, quella mattina del 27 gennaio 1945. Yacov era tra loro, aveva 19 anni, era di Vinnitza in Ucraina. Era stato arruolato nel 1941, era un soldato bambino, come ce ne sono tanti ancora oggi nei vari fronti di guerra nel mondo. Era stato ferito nella sanguinosa battaglia di Kursk, poi aveva seguito l’esercito a Kiev nel 1943, in Galizia e infine a Sandomir in Polonia. Ne aveva visto tante, era invecchiato sui campi di battaglia, ma quella mattina, quel 27 gennaio, non la dimenticherà più.
L’aria era gelida e umida. Dalla lieve collina si vedevano fantasmi aggirarsi nel campo, con indosso uniformi a strisce e alcuni, malconci e claudicanti, trasportavano cadaveri in barella e pietosi li scaricavano nelle fosse comuni ormai piene. Altri osservavano i nuovi arrivati, con grandi occhi increduli, pelle e ossa, e dalle baracche, quelli che riuscivano ad affacciarsi all’esterno, qualcuno strascicava il proprio corpo. L’odore acre e dolciastro dei corpi nelle fosse comuni, e di quelli che giacevano insepolti, rendeva l’aria irrespirabile. Il giorno avanzava e quando nel pomeriggio il grosso dell’esercito russo era entrato nel campo, le prime mani, quelle che riuscivano a tenere in mano un cucchiaio e una scodella, si protendevano, a chiedere timidamente una zuppa.
L’inferno si era materializzato, e i soldati faticavano a capire che quello era stato.
Giorno della Memoria 2024
Racconto liberamente tratto dalla lettura di
– “La tregua” – Primo Levi
– “Intervista a Yakov Vincenko”, uno dei primi soldati dell’Armata Rossa ad entrare ad Auschwitz (Intervista di Gianpaolo Visetti su “La domenica di Repubblica” del 16 gennaio 2005). Reperibile On Line
– “Il libro della Shoah italiana – I racconti di chi è sopravvissuto ” di Marcello Pezzetti, Einaudi 2009
– Da “Il Dizionario dell’Olocausto” (Yale University 2001, poi Einaudi 2004) . Alla voce Auschwitz si legge “Secondo i dati di Danuta Czech e di Franciszek Piper, erano state deportate ad Auschwitz 1.300.000 persone, quasi 1.100.000 delle quali ebree. I morti risultavano 1.000.000 ebrei, 75.000 polacchi, 20.000 zingari, 15.000 prigionieri di guerra sovietici e oltre 10.000 di altre nazionalità. Dei 200.000 sopravvissuti migliaia morirono di stanchezza o vennero fucilati durante le marce forzate verso i terminali ferroviari”
Quando verso mezzogiorno le prime truppe sovietiche entrarono ad Auschwitz trovarono circa 7 mila prigionieri che erano stati lasciati nel campo. Molti erano bambini e una cinquantina di loro aveva meno di otto anni (erano sopravvissuti perché erano stati usati come cavie per la ricerca medica). I sovietici trovarono anche cumuli di vestiti e tonnellate di capelli pronti per essere venduti. E poi occhiali, valigie, utensili da cucina e scarpe: il museo di Auschwitz, tra le altre cose, possiede più di 100 mila paia di scarpe.