Mi sono inaridita
come la nostra terra qui
che (quanta pena!)
puoi vedere percorsa
da spaccature grosse irregolari oscure
profonde tanto
che ti pare di infilarci l'occhio
sino al centro del pianeta (denso e fuso)
fessura della terra asciutta!
Dicono che lo spirito
cresca nell'aria sottile
e invece io cerco (sempre)
la più insana umidità
purché ci senta pullulare
il movimento la trasformazione.
Questo terso del cielo
chiaro e uniforme (credimi)
è quaggiù crudele
quando non muta non trapassa
e nel silenzio della notte
puoi sentire le piante
che col respiro fondo e affannato
chiedono un po' di refrigerio
al giorno che segue: ed ogni giorno
che segue si riapre
invece uguale al precedente.
E.B.
La poesia di Elisabetta Borghi richiama l’attualità, e già l’inizio è un’immagine folgorante: l’inaridirsi della natura è il nostro stesso inaridirci, e l’acqua sì fa anelito, bisogno, gorgheggio notturno sempre più raro a nutrire virgulti. Qui da noi, come da altre parti, l’acqua era elemento sacro e bene comune. Ora muove i popoli alla sua ricerca e si fa conflitto tra ricchi e poveri.