Ecco in Europa tornano tutte le difficoltà dell’industria automobilistica, e in Italia in modi più accentuati e peculiari.
Rispetto al passato c’è il grande tema e problema del “passaggio” dal motore alimentato a carburanti fossili (detto a scoppio) a quello elettrico. L’idrogeno sarà ancora più in là nel tempo.
Si sente dire: “la Cina invaderà il mercato europeo di auto elettriche (quindi di batterie) insieme a pannelli fotovoltaici”. Sempre automobili comunque nelle nostre strade, nelle nostre piazze: in Italia quelle storiche, così sfregiate da tale presenza.
Negli anni ’60 e ’70, del secolo scorso, guardavamo, con la sufficienza arrogante dell’occidente, le immagini di popolose città cinesi trafficate da miriadi di biciclette : poveri cinesi, che arretratezza, quanta strada devono ancora fare.
Mi sono sempre chiesto se la Cina non abbia perso una occasione, soprattutto per il traffico urbano nelle sue metropoli.
Nel 1997 apparvero ne “il manifesto” due articoli il cui tema può essere così riassunto: “Metalmeccanici e automobili”. Mandai una lettera, alla quale non trovai risposta. Non meritava; o, forse, “il manifesto” con la risposta, quel giorno, non arrivò in Sardegna.
Qualche settimana fa “navigando” nel vasto mare di “internet”, nell’archivio de “il manifesto”, con mia grande sorpresa la risposta. Dopo quasi trent’anni mi pare ancora attuale e interessante. Segnala la complessità e le contraddizioni della questione tutt’ora ancora viva e intricata.
Ecco, qui di seguito.
Metalmeccanici e automobili
Pubblicato il 14/01/1997
Edizione del 14/01/1997
SULLO PIERLUIGI ━
“il manifesto” risponde
Metalmeccanici e automobili
Leggo sul “manifesto” del 3 gennaio a pagina 2: “Occorre allora dire con chiarezza che l’unica scelta ambientalista sulle auto è quella di limitarne la produzione e la circolazione, non di sostituirle: così come la prima scelta sui rifiuti è quella di limitarne la produzione. Si potenzi finalmente il trasporto pubblico…”.
Dall’articolo: “All’auto c’è un limite” di Gianfranco Amendola.
A pagina 4: “Dopo le vetture, il contratto”, intervista a Claudio Sabattini, segretario generale della Fiom, leggo: “La decisione sugli incentivi in sé è positiva perché può dare un contributo alla ripresa del mercato e un aiuto allo svecchiamento del parco auto con un impatto positivo sull’ambiente…”.
Contrasto più netto non potrebbe darsi.
Mi trovo d’accordo con quanto scrive Gianfranco Amendola: il passo riportato è una dichiarazione concisa e cristallina sulla davvero ineludibile questione.
Che cosa hanno da dire il sindacato, i lavoratori metalmeccanici e voi del “manifesto” su tale opposizione di idee e di pensiero?
Gabriele Soro Elmas (Cagliari)
risposta
PIERLUIGI SULLO
C ARO GABRIELE, ci hai preso con le mani sulla marmellata. Ne abbiamo discusso, eccome, ma non siamo riusciti a quadrare il cerchio. Perciò abbiamo pubblicato l’articolo di Amendola – che rappresenta un punto di vista vicino al nostro – e abbiamo intervistato Sabattini con convinzione, perché, come forse si sarà notato, il nostro giornale è fortemente impegnato a sostenere la lotta contrattuale dei metalmeccanici. Però si è data la contraddizione che tu giustamente noti. Ma siccome facciamo un giornale politico, un tentativo di connettere le cose dobbiamo farlo, anche perché – come la tua lettera dimostra – i lettori non ce le fanno passare lisce, queste cose.
Se ti accontenti del mio parere, potrei riassumerlo così. C’è un problema di oggi, immediato, politico, che è la difesa di una trincea, il contratto collettivo nazionale di lavoro. C’è un problema altrettanto di oggi e altrettanto politico, ma la cui soluzione chiede di uscire dalla trincea e di avventurarsi in territorio sconosciuto: questo problema è come riorientare e ripensare tutto il sistema della mobilità, ciò che ha nessi importanti con la produzione (le fabbriche metalmeccaniche, con tutto il loro peso storico), con l’assetto delle città, con i mercati ormai sovranazionali (con i loro problemi di velocità), ecc.
Detto francamente, io non penso che la regalìa del governo ai padroni dell’auto giovi gran che alla causa dei metalmeccanici (anche perché apre un contenzioso tra gli operai e gli ambientalisti, o in generale con chi soffre dell’invadenza dell’auto), né che il gonfiamento del mercato sarà un toccasana ambientale o per la produzione (in Francia, la stessa misura ha “drogato” il mercato, costringendo paradossalmente le case automobilistiche ad abbassare i prezzi, quando l’incentivo del governo è caduto). Insomma, nello specifico condivido in tutto le osservazioni di Amendola. Però si può capire come la Fiom accolga con favore qualunque cosa sembri poter sbloccare un situazione molto pericolosa, nella quale è in causa lo strumento principale della contrattazione, la garanzia di fondo per le condizioni dei lavoratori.
Ma, detto questo, ci si aspetterebbe che lo stesso sindacato cerchi di sintonizzarsi su una musica magari sgradevole, ma nuova. L’automobile non ha prospettive, davanti a sé, che non siano il ricambio sempre più nevrotico del parco circolante nei paesi ricchi, e nella progressiva colonizzazione di mercati ancora non saturi, come quello latinoamericano: perciò la Fiat investe laggiù. E d’altra parte l’opposizione a questo modello che ha trasformato attorno a sé le città e la natura va crescendo in tutto il mondo. Perciò il sindacato italiano – che si è sempre posto come soggetto politico generale – dovrebbe chiedersi quali alternative possano produrre a un tempo risanamento ambientale e occupazione; e, insieme, dovrebbe guardare – molto di più di quanto fa – al di là delle frontiere nazionali.