Un’immagine del film di Andrei Zvyagintsev
“Dipinte in queste rive son dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive”. Potente e profetico, Leviathan, il pluripremiato film di Andrei Zvyagintsev,richiama alla mente la parole di Leopardi ne “La ginestra”. Lo scenario del film non sono le “rive” brulle delle pendici vesuviane ma le desolate lande siberiane del mar di Barents, nell’estremo nord della Russia. Anche qui la natura è “bella e terribile”, ed è altrettanto indifferente alle sorti dell’uomo, come appariva all’islandese nell’altrettanto profetico e bellissimo “Dialogo della Natura e di un islandese” del poeta recanatese.
L’uomo da sempre deve combattere con i suoi Leviathan, i suoi mostri, che sono il Potere, la Giustizia, il Denaro e l’Avidità, l’Amore, l’Amicizia, il Destino.
Kolia, il protagonista del film, vive in uno sperduto villaggio dell’estremo nord russo, non lontano da Murmansk, nella penisola di Kola, tra cimiteri di navi, poche case di legno e molta vodka. Sopravvive riparando auto nel suo garage, accanto alla moglie Lilja, e a un figlio adolescente avuto da un precedente matrimonio. Il Leviatano si materializza nella persona del mafioso sindaco locale che gli offre seicentomila rubli per comprargli la casa e costruirvi una chiesa, benedetto dalla corrotta Chiesa locale.
Kolia è affezionato alla sua casa e a quei luoghi, ci hanno vissuto i suoi genitori da sempre, nel garage fa il suo lavoro che gli consente di tirare avanti, ma la percezione di avere a che fare con un potere che si basa sul sopruso e sul ricatto, lo rende violento e rabbioso.
Per aiutarlo in una battaglia che appare da subito impari arriva da Mosca un suo vecchio compagno d’armi, Dimitri, che fa l’avvocato e che, legge alla mano, pensa di poter risolvere il contenzioso, avendo in mano le prove dell’attività mafiosa del sindaco.
Il film, man mano che la vicenda si dipana, assume toni drammatici e metafisici, sono evidenti i riferimenti al mostro biblico del libro di Giobbe nell’antico testamento “Puoi tu prendere con l’amo il leviatano e con funi legarne la lingua? Metterai forse un giunco nelle sue narici e con un uncino bucherai la sua mascella?”, così come al Leviathan di Thomas Hobbes, simbolo dell’unica testa che può governare (il potere assoluto) in un mondo dove vige la legge dell’ homo homini lupus.
Certo il film Zvyagintsev è molto “russo”, per i grandiosi paesaggi, per i chiari riferimenti ad una società autoritaria e autocratica, all’appiattimento della Chiesa ortodossa al potere politico, alla corruzione e al degrado dei costumi, ma la balena spiaggiata, il leviatano incombente, i temi trattati vanno ben al di là di un luogo preciso per assumere la metafora della universale condizione umana.
Tonino Sitzia