18 Dicembre 2024
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Memorie di una interprete di guerra di Elena Moiseeva Kagan – Recensione di Marina Cozzolino

Documenti ritrovati nel bunker di Hitler che riportano la data del 19 aprile 1945. Il giorno dopo il Fuhrer ed Eva Braun si toglieranno la vita – Credits: (William Vandivert—Time & Life Pictures/Getty Images) ***

recensione[2]Elena Rzevskaja (pseudonimo di Elena Moiseeva Kagan), nata nel 1919 in Bielorussia da famiglia ebrea, è oggi una signora novantaseienne e vive a Mosca. In Russia è una scrittrice molto conosciuta, i suoi libri sono stati tradotti in diverse lingue e hanno venduto milioni di copie.

Nel suo ultimo libro “Memorie di una interprete di guerra” (Voland, 2015), l’autrice scrive nel frontespizio: “ La guerra vista da me, dalla battaglia di Mosca agli ultimi giorni nel bunker di Hitler, e i tentativi di Stalin di riscrivere la storia a modo suo”.

Nel 1941 Elena, a Mosca, è una studentessa di filosofia, ha ventidue anni e una sola idea in testa: partire per il fronte. Dapprima viene inviata a lavorare in una fabbrica di orologi , in seguito si iscrive ad un corso serale per infermiere e dopo aver seguito un corso accelerato di tedesco, viene reclutata dallo Stato Maggiore russo come interprete di guerra.

A Rzev una piccola città alle porte di Mosca, tra il 1941 e il 1943, Elena partecipa alla lotta crudele tra l’armata sovietica e i soldati del Reich; vive mesi drammatici ma, legata a questa città da un amore smisurato, prenderà dalla cittadina il suo pseudonimo di scrittrice, diventando per sempre Elena Rzevskaia. Da Rzev , al seguito dell’Armata Rossa, Elena comincerà la sua marcia che la porterà alla conquista di Berlino e farà parte di quel ristretto gruppo di persone che, suicidatosi Hitler il 30 aprile del 1945, si spingerà fin dentro il bunker del Fuhrer per identificarne il cadavere.

Nel libro veniamo a conoscenza di quello che Elena visse a Berlino nei giorni immediatamente successivi alla fine della guerra. Elena sarà così una testimone della Storia, trascinata in un’avventura di cui all’inizio neppure lei sembra rendersi ben conto. Per quattro mesi, nel quartier generale dell’Armata Rossa, tradurrà i documenti legati agli ultimi giorni del Reich. Sarà la prima persona a leggere i documenti personali di Hitler e dei suoi più fidati collaboratori. Leggerà migliaia di documenti custoditi nella Cancelleria.

Tradurrà i quattro spessi diari di Goebbels, capo della propaganda nazista. Tutti i documenti, le lettere personali, scritti all’apparenza insignificanti, passeranno tra le sue mani. Trascrive tutto con una precisione maniacale. Sottopone i prigionieri tedeschi a tanti interrogatori e si sorprende quando scopre che anche i nazisti soffrono il freddo e sono ridicoli e patetici con tutti quei giornali infilati sotto la divisa e dentro gli elmetti. “ Se soffrivano il freddo allora erano umani” scrive. E’ attraverso gli interrogatori che Elena scopre il lato umano dei nemici come quello dell’ufficiale nazista appassionato di farfalle. “E’ così incompatibile appassionarsi per le farfalle e decidere di annientare un Paese intero?’ Elena osserva e riflette; si pone delle domande alle quali neppure lei sa dare risposta.Prova pietà per i nemici e la guerra non è vista con gli occhi del vincitore ma piuttosto con quelli di una giovane donna stupita.

Siamo nell’aprile del 1945, Hitler, Eva Braun, Goebbels, sua moglie Magda si sono suicidati dopo aver ucciso i loro sei bambini. I loro corpi sono stati bruciati nel bunker della Cancelleria del Reich, come da disposizioni di Hitler, che aveva paura di fare la fine di Mussolini. Scrive Elena “Fu insopportabile vedere i sei bambini, sembrava che dormissero. Li portammo nel piccolo giardino vicino al rifugio e li coprimmo con un telo bianco”.

I Russi, entrati vincitori a Berlino, sono i soli a sapere che Hitler è morto. Solo tre persone sapranno del ritrovamento del corpo; Elena è una delle tre. Stalin non intende informare dell’accaduto neanche il maresciallo Zukov, comandante dell’Armata Rossa. Sarà solo nel 1965 che Zukov scoprirà la verità. Perché Stalin ha tenuto nascosto il ritrovamento?

Mentre ai soldati tedeschi era concesso tenere un diario, ai russi era assolutamente vietato. I diari che Elena ha scritto durante i quattro anni trascorsi al fronte, sono stati consegnati agli archivi e secretati. Poiché Stalin aveva proibito di rivelare che il corpo di Hitler era stato ritrovato, l’autrice ha dovuto aspettare ben vent’anni, fino al 1965, per poter rileggere quello che lei stessa aveva scritto e poter così pubblicare la sua prima testimonianza. Racconterà tutta la storia dell’identificazione del cadavere di Hitler partendo dal ritrovamento di un pezzo della sua dentiera che lei dovrà custodire in una piccola scatola rossa, senza mai separarsene. Sarà responsabile di quel pezzo di dentiera e non dovrà parlarne con nessuno.

Il potere sovietico dissimula le prove e costringe Elena al silenzio, anzi i sovietici insinuano che Hitler sia vivo e sia fuggito da Berlino. La dentista di Hitler che fornì il dossier medico e collaborò all’identificazione del cadavere, verrà spedita da Stalin in Siberia e lì rimarrà per dieci anni in un campo di lavoro. Il libro della Rzevskaia è insieme un romanzo avvincente e un eccezionale documento storico; la Storia si dipana davanti ai nostri occhi e il libro cerca di chiarire una delle pagine più misteriose e oscure della seconda guerra mondiale perché in quei drammatici e intensi giorni del 1945, quello del ritrovamento del corpo di Hitler, fu il più gran segreto del mondo.

Intervistata nel 2005 dal giornale spagnolo “La Nacion”, Elena rivela che tra i 27 milioni di russi morti durante il conflitto, c’era anche il suo giovanissimo marito, deceduto sul fronte nel 1942. “Tutti e due decidemmo di partire per il fronte perché era naturale per noi arruolarci per sconfiggere i nazisti anche se questo avrebbe significato non poter rivedere più nostra figlia Olga, di appena due anni”. Il suo viaggio, la sua odissea al seguito dell’Armata Rossa la porta, per caso, proprio dove era nata la follia del Reich e dove i suoi occhi vedono il corpo carbonizzato dell’uomo che aveva distrutto l’Europa e aveva trascinato in un’esperienza disumana, uomini, donne, vecchi e bambini. Traduce da un documento di un ufficiale della Wehrmacht: “…il mondo appartiene ai più forti, i più deboli devono essere sterminati”. Scriverà Elena nel suo diario: “Su di noi, sui vivi e sui morti, turbina la neve”.

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2 Commenti

  1. Buongiorno,
    Bellissimo racconto – complimenti !!
    Una domanda: dove posso trovare il libro “Memorie di una interprete di guerra” di Elena Rzevskaja nella versione originale – in lingua russa ?
    Ringraziando anticipatamente,
    I migliori saluti,
    Nedev

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