Distillato n°56
I vecchi se ne stanno seduti nelle panchine della piazza toccata dalla luce giallina della sera.
Guardano oltre, i vecchi, gli occhi persi tra nebbie di pensieri. Ma si ritrovano anche a stendere pettegolezzi di paese, a far chiacchere di politica, o di cose stravaganti (tipo le pallottole dum-dum, vecchi fumetti e contrade esotiche), più spesso di ricordi…
Può capitare qualche vecchio solitario incarognito, che gettando uno sguardo obliquo, attraversa la piazza con le mascelle serrate e s’allontana.
Un tempo, il tempo del contadino, quello ‘ciclico’ delle stagioni, scandito dal sole, il vecchio (ma allora si cominciava ad esser vecchi intorno ai quarant’anni) era tenuto per saggio, insegnava al giovane la cura della terra, il lavoro dei campi e il conseguente dover essere e comportarsi rispetto a ciò.
Ora il tempo è una freccia spietata, attraversa le stagioni, si fa beffe del sole: è il tempo ‘lineare’ che viaggia verso l’infinito. L’illusione ciclica è solo di qualche poeta spaesato che si attarda, inutile.
Tolti i vecchi ‘allettati’ (non nel senso di attirati, invogliati da lusinghe e simili, ma di costretti a letto per malattia), allettati con pannolone e fuori di testa, neppure a quelli ‘sani’ è data più la saggezza come un tempo, esagerata d’altronde com’è dei miti.