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Greta Thunberg “La nostra casa è in fiamme”, Mondadori 2019 (Recensione di Tonino Sitzia)

“All’età d 11 anni mi sono ammalata. Sono caduta in depressione. Ho smesso di parlare e di mangiare. In due mesi ho perso 10 chili. Più tardi mi è stata diagnosticata la sindrome di Asperger e un mutismo selettivo. In pratica parlo solo quando ritengo sia necessario. Questo è uno di quei momenti. Per quelli che come me ricadono nello spettro autistico quasi tutto è bianco o nero. Non siamo molto bravi a mentire e di solito non ci interessa molto partecipare al gioco sociale che sembra appassionare tanto il resto di voi.

Penso che, da molti punti di vista, noi autistici siamo quelli normali, e quelli strani siete voi. Soprattutto quando si tratta della crisi di sostenibilità, in cui tutti continuano a ripetere che il cambiamento climatico è una minaccia esistenziale e il problema più importante per chiunque. Eppure, vanno avanti come hanno sempre fatto. Io questo non lo capisco. Se le emissioni devono essere fermate, dobbiamo fermarle. Per me questo è bianco o nero… (Discorso per TedX. Stoccolma 24 novembre 2018).

L’intervento di Greta Thunberg a Stoccolma avveniva a poco più di un mese dall’8 ottobre 2018, quando l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo che, su mandato dell’ONU, era stato nominato dopo gli accordi di Parigi) presentava il suo Report speciale dal titolo “Riscaldamento globale di 1,5°C”.

In sostanza il Report sostiene che tali accordi, che si ponevano l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, non erano più sufficienti e che era necessario limitarne l’aumento a 1,5°C.  Gli scienziati riuniti nell’IPCC lanciavano l’allarme che la mancata riduzione delle emissioni di CO2, continuerà a provocare fenomeni già in atto quali: eventi metereologici estremi, innalzamento del livello del mare, migrazioni per ragioni climatiche, diminuzione del ghiaccio marino artico, e solo grandi cambiamenti strutturali nei diversi campi dell’economia, dell’energia, dell’industria, dei trasporti potrebbero evitare una catastrofe climatica dagli effetti imprevedibili.

Greta era sicuramente a conoscenza di questi dati, come di altri da lei citati a più riprese nel suo libro. Da osservatrice “in bianco e nero” vive i fenomeni della sostenibilità climatica con grande coinvolgimento emotivo, con uno slancio giovanile, che potrebbe apparire ingenuo, ma non c’è nessun velleitarismo nelle sue parole e nelle sue azioni.

“Non siete abbastanza maturi per dire le cose come stanno e lasciate anche questo peso a noi ragazzini. A me non importa di risultare impopolare, mi importa della giustizia climatica e di un pianeta vivibile. La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso”. (Katowice, Polonia, discorso alla 24° Conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite, COP 24, dicembre 2018)

Saltando tutte le mediazioni del politically correct, tutte le ipocrisie del mondo degli adulti, la sedicenne Greta Thunberg, figlia della cantante d’Opera Malena Ernman e dell’attore Svante Thunberg, va diritta al cuore del problema: per noi, sembra voler dire, non c’è più tempo da perdere; saremo noi, tra pochi decenni, le vittime dei cambiamenti climatici in atto, quando voi, che li avete causati, sarete morti.

Dunque è questo il momento delle scelte, tanto che Greta, col suo mondo in bianco e nero, a un certo punto non si presenta a scuola (“A cosa serva studiare se quanto dicono gli scienziati non viene ascoltato?..”) e comincia a manifestare davanti al Parlamento svedese (20 agosto 2018) tutti i giorni fino alle elezioni legislative del 9 settembre, e poi dopo tutti i venerdì per scuotere dall’indifferenza i suoi governanti e i suoi concittadini.

A pag. 107 del libro leggiamo “In Svezia, secondo la Commissione per la salvaguardia della natura, emettiamo ogni anno 11 tonnellate di anidride carbonica per persona, considerando sia quello che produciamo sia quello che consumiamo all’estero. Secondo la Living Planet Report del WWF, la nostra impronta ecologica è tra i dieci maggiori al mondo, e se tutti vivessero come noi servirebbero 4,2 pianeti come il nostro”.

I venerdì di Greta Thunberg diventano FridayforfutureUna sorta di giovanile onda sismica si propaga in tutto il mondo. È una green revolution che ricorda il ’68, qualche osservatore richiama il 1848 o il 1789. I giovani fanno sentire la loro voce nei diversi angoli del pianeta. Un solo esempio, per tutti: nel 2018 il Children’s Climate Prize, che viene assegnato dall’impresa svedese Telge Energi ai bambini che si distinguono per azioni nel campo della sostenibilità ambientale, è stato assegnato (63.000 corone svedesi) a José Adolfo Quisocala che ha 13 anni e vive in Perù.

Sensibile alla povertà dei suoi coetanei ha aperto, dall’età di sette anni, una “eco-banca” per bambini, attraverso i proventi della raccolta di rifiuti nelle discariche e poi riciclati.

Quando Greta usa il “Voi” non si riferisce solo ai baby boomer, cioè ai nati tra il 1946 e il 1964 soprattutto negli USA e nell’Europa Occidentale, figli del boom economico e demografico del dopoguerra, quelli che nella politica e nell’economia, occupando diversi posti di responsabilità, hanno accelerato la crescita economica fino al collasso ambientale, ma anche al sistema economico che va profondamente cambiato nelle sue strutture sociali e di potere. È in questo senso che vanno interpretate le parole della Thunberg pronunciate a Katowice “La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso”.

Riporto un frammento del discorso di Miguel Díaz-Canel Bermúdez, Presidente della Repubblica di Cuba, alla 73ª Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (New York, 26 settembre 2018). Riferendosi esplicitamente alle conseguenze del capitalismo, in particolare l’imperialismo e il neoliberismo, dell’egoismo e dell’esclusione insita in quel sistema, e ai cambiamenti climatici conseguenti, egli afferma “Ciò è assurdo, ma coerente con l’irrazionalità di un mondo in cui lo 0,7% più ricco della popolazione possiede il 46% di tutta la ricchezza, mentre il 70% più povero può accedere solo al 2,7% di essa; 3.460 milioni di esseri umani sopravvivono in condizioni di povertà; 815 milioni soffrono la fame; 758 milioni sono analfabeti e 844 milioni mancano dei servizi basilari di acqua potabile. Tutte queste cifre, per certo, sono preparate e regolarmente utilizzate dalle organizzazioni globali, ma sembra che non siano riuscite a suscitare sufficiente consapevolezza della cosiddetta comunità internazionale.”

Il libro di Greta Tunenberg, scritto a più mani, ma soprattutto con la madre, ha un titolo significativo “La nostra casa è in fiamme”, ma anche il sottotitolo “La nostra battaglia contro il cambiamento climatico”, ha un suo significato. Non solo quel “nostro” si riferisce chiaramente alla terra casa comune, quella che le antiche popolazioni andine chiamavano Pachamama, ma anche la stessa casa di Greta è stata messa in crisi dalla malattia, dal pregiudizio, dal bullismo dei compagni, da un sistema sociosanitario, quello della pur civilissima Svezia, che non ne facilitato la crescita nell’infanzia e nell’adolescenza.

Ma per capire il dolore, che forse è anche la forza di questa bambina, bisogna leggere il libro.

Recensione di Tonino Sitzia

Luglio 2019

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