Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo”: è il famoso incipit del Manifesto del Partito Comunista redatto da Karl Marx e Friedrich Engels nel 1848. Oggi potremmo dire “Uno spettro si aggira per il Mondo: lo spettro del Coronavirus”.
Questa associazione mentale è scaturita dall’intervista che Jared Diamond ha rilasciato a Paolo Giordano nell’ultimo numero de ”La Lettura”, l’inserto culturale della domenica del Corriere della Sera. Il titolo dell’intervista era “Cooperare, e poi cooperare, così vinciamo”, e ed era incentrata sull’attuale pandemia che attanaglia il mondo.
Diamond, che ha oggi 82 anni e vive a Lo Angeles, si è occupato di fisiologia umana, di biologia evolutiva, di biogeografia, ed è un grande divulgatore scientifico noto in tutto il mondo. Ha scritto diversi libri ma “Armi, Acciaio e Malattie”, con cui ha vinto il premio Pulitzer per la saggistica nel 1998, è sempre di enorme interesse e, date le vicende di questi giorni, di grande attualità.
Il sottotitolo del libro recita: “Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni” e intende rispondere ad una domanda che un vecchio saggio e noto politico della Nuova Guinea, Yali, pose all’autore nel luglio del 1972. Diamond era allora in Nuova Guinea come ornitologo, e in quell’isola dell’Arcipelago malese trascorrerà circa 50 della sua vita.
La domanda del vecchio saggio era la seguente: “Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui, mentre noi neri ne abbiamo così poco?” I locali nella loro lingua intendevano come ”cargo” tutto quanto era stato portato dai bianchi, in termini di beni materiali ben presto apprezzati e utilizzati dai locali (Diamond accenna a asce d’acciaio, fiammiferi, medicine, vestiti, ombrelli…).
La domanda ne nascondeva una più profonda e vera: come mai se tredicimila anni fa l’uomo è partito da una condizione di partenza uguale, quella di cacciatori raccoglitori in micro comunità autosufficienti, poi i tassi di sviluppo sono stati così diversi da continente a continente? O ancora: come mai nel mondo ci sono popoli ricchi e popoli poveri, e perché la distribuzione della ricchezza è così variegata nelle diverse latitudini?
Diamond si rende conto che tale domanda nasconde la trappola odiosa del razzismo: pensare cioè che la diversità nello sviluppo sia di origine biologica, spiegazione sbagliata e del tutto priva di basi scientifiche. (Vedi, tra altri, “Razzismo e noismo” di Luigi Luca Cavalli-Sforza e Daniela Padoan, 2013). Il libro intende invece indagare sulla complessa storia del genere umano legata ad un intreccio di fattori quali la geografia, al storia, le dinamiche territoriali, i rapporti di forza, l’economia, le visioni del mondo spesso ad essa legate, la Politica, il Colonialismo ed l’Eurocentrismo, i rapporti tra le culture, l’uso delle tecnologie, e talvolta il caso.
La complessità di tali fattori viene indagata da Diamond: tra essi, nella terza parte del libro, è estremamente istruttivo il capitolo intitolato “I doni fatali del bestiame, l’evoluzione degli agenti patogeni”. A pag. 150 si legge “I peggiori killer dell’umanità nella nostra storia recente (vaiolo, influenza, tubercolosi, malaria, peste, morbillo e colera) sono sette malattie evolutesi a partire da infezioni degli animali, anche se i microbi che le causano sono al giorno d’oggi esclusivamente caratteristici della specie umana. Poiché queste sono state le principali cause di morte per lungo tempo, sono anche state fattori decisivi nel corso della storia. Nelle guerre fino alla seconda mondiale, le epidemie facevano molte più vittime delle armi, e le cronache che esaltano la strategia dei grandi generali dimenticano una verità ben poco lusinghiera: gli eserciti vincitori non erano sempre quelli meglio armati e con i migliori strateghi, ma spesso quelli che diffondevano le peggiori malattie con cui infettare il nemico”.
L’esempio più eclatante, che Diamond fa tra gli altri è quello della conquista dell’ America Latina: quando Cortés nel 1519, con appena 600 uomini, sbarcò sulle coste del Messico, il primo attacco alla capitale azteca Tenochtitlàn fu vano, mentre fu decisivo quello successivo non tanto e non solo per la superiorità tecnica degli spagnoli, quanto perché uno schiavo proveniente dalla colonia di Cuba aveva diffuso il vaiolo tra gli indigeni. Un secolo dopo, nel 1618, i 20 milioni di abitanti del Messico precolombiano erano diventati poco più di un milione e mezzo”. La stessa sorte subirono gli Incas nell’America meridionale.
Ancora Diamond “La questione dell’origine animale delle malattie è alla base di una delle grandi linee generali della storia, ed è ancora oggi di importanza capitale (si pensi all’AIDS, che pare essersi originato a partire da un virus di alcune scimmie africane).
Dunque, ricapitolando: le malattie, i virus, sono tra i fattori che determinano le grandi svolte della storia.
Il libro di Diamond risale al 1997, ed è di questi mesi, nel pieno della pandemia da coronavirus che è tornato di moda “Spillover”, un altro libro profetico, questa volta dedicato specificamente alle malattie infettive, scritto da David Quannem nel 2012 (pubblicato da Adelphi nel 2014). Studiando le malattie infettive dagli anno 80 ad oggi, comprese le terribili Aids, Ebola e Sars, Quennan ricorda che esse hanno causato la morte di più di trenta milioni di individui e che, tutte “coinvolgono il fenomeno delle zoonosi, intendendo per esse ogni infezione animale trasmissibile agli esseri umani”. Quennan, che ha lavorato con i massimi esperti del campo e sul campo in vari angoli del mondo, usa termini quali spillover, ospiti serbatoio, mutazioni: i virus, in un mondo globalizzato, “fanno l’autostop” viaggiano in modo invisibile da un animale all’altro e poi all’uomo, e si propagano in tutte le latitudini.
Soffermiamoci sulla parola spillover, letteralmente dall’inglese “traboccare”: “uno spillover porta all’emergenza quando un patogeno che ha infettato qualche individuo di una nuova specie ospite trova in questa condizioni particolarmente favorevoli e si propaga tra i suoi membri” .
Oggi la propagazione dei virus sembra, a detta degli esperti, assai più favorevole che in passato “la distruzione degli ecosistemi sembra avere tra le sue conseguenze la sempre più frequente comparsa di patogeni in ambiti più vasti di quelli originari. Laddove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie. Un parassita disturbato nella sua quotidianità e sfrattato dal suo ospite abituale ha due possibilità: trovare una nuova casa, un nuovo tipo di casa, o estinguersi. Dunque non ce l’hanno con noi, siamo noi a esser diventati molesti, visibili e assai abbondanti” (siamo ormai oltre sette miliardi e mezzo).
Nelle conclusioni Quennan si chiede: cosa insegnano le zoonosi? “Ci ricordano, come versioni moderne di san Francesco, che in quanto esseri umani siamo parte della natura, e che la stessa idea di un mondo naturale distinto da noi è sbagliata e artificiale. C’è un mondo solo, di cui l’umanità fa parte, così come l’HIV, i virus di Ebola e dell’influenza, Nipah, Hendra e la SARS, gli scimpanzé, i pipistrelli, gli zibeti e le oche indiane. E ne fa parte anche il prossimo virus killer che ci colpirà, quello che non abbiamo ancora scoperto”
Tornando alla iniziale suggestione: nel 1848 lo spettro del comunismo, a partire dal 1848, portò, tra l’altro, alla nascita di nuovi ideali, movimenti di classe e nuovi possibili modelli di società in cui giustizia ed uguaglianza potessero coesistere, certo poi non concretizzati nel socialismo reale.
Lo spettro del coronavirus, con le nuove e inedite variabili dei cambiamenti climatici e delle tecnologie digitali, richiede un nuovo internazionalismo, un nuovo modello di cooperazione tra i popoli, che non può essere assicurato dal modello neoliberista, e che è fra le cause della attuale crisi, e in cui, se non si cambia rotta, ancora una volta i più deboli saranno sommersi e travolti.
Tonino Sitzia
23 aprile 2020
da LINKIESTA del 27.04.2020
Che c’entra Marx? “L’unica parte della ricchezza nazionale che entra realmente in possesso della collettività dei Paesi moderni è il debito pubblico”, scriveva Karl Marx nel Capitale. Ma per evitare che questo fardello finisca ancora sulle spalle delle giovani generazioni, servirà una politica monetaria coraggiosa, piani di rientro credibili e soprattutto una spesa che stimoli la ripresa economica, spiega Lavoce.info. Quindi meno bonus e più investimenti in capitale fisico e umano. Lo stesso Mario Draghi nel suo editoriale sul Financial Times lo aveva detto: “Debiti pubblici più alti diventeranno una caratteristica delle nostre economie. La questione chiave non è se, ma come lo Stato utilizzerà il suo bilancio”.
La tua recensione contiene due domande che a me pare assumano carattere rilevante.
Ecco nel mio commento solo qualche cenno, qualche spunto.
1) Perché dalla condizione di partenza uguale nelle piccole comunità autosufficienti di cacciatori raccoglitori, poi lo sviluppo è stato così diverso da continente a continente?
2) “Come mai nel mondo ci sono popoli ricchi e popoli poveri, e perché la distribuzione di ricchezza è così variegata nelle diverse latitudini?
Quando l’uomo, dedito alla caccia e alla raccolta dei frutti spontanei, comincia a lavorare la terra, ecco l’affermarsi dell’ agricoltura, che comporta l’avvio di grandi e profonde trasformazioni. Con l’agricoltura nasce la proprietà privata (e dunque il furto, la rapina), l’addomesticamento e l’allevamento del bestiame; sorgono i primi insediamenti. L’accumulo di beni e ricchezza prodotta dal lavoro (in gran parte di schiavi) determina la fine di quelle società di cacciatori e raccoglitori caratterizzate dalla uguaglianza: subentra la costrizione nel lavoro (c’è chi è obbligato a lavorare sottomesso al potere dei proprietari della terra), da qui le disuguaglianze – i ricchi, pochi, e i poveri (molti). E’ la nascita della civiltà e il deflagrare delle prime guerre. Dall’Egitto (del gran fiume Nilo) alla Mesopotamia favorevoli condizioni geo-climatiche portano al sorgere di importanti città in quell’area detta della “ Mezzaluna fertile”. I primi gruppi stanziali di agricoltori, intorno al VI millennio a.C., si stabiliscono presso il fiume Eufrate dando vita ai villaggi di Eridu e di Ur. E poi i primi grandi imperi e l’edificazione di città memorabili come Babilonia e l’assira Ninive…
C’è un pensiero di Gramsci sintetizzato in una frase: “Le forze materiali di produzione determinano i raggruppamenti sociali; questi hanno una funzione, una posizione data nella produzione”. E, ancora Gramsci, nei “Quaderni del carcere”, scrive che si potrebbe considerare l’economia come l’elemento ‘materiale’, strutturale (lavoro, forze materiali di produzione). Ma che l’economia, intesa come scienza, è già ideologia rispetto alle forze materiali di produzione. Ed ecco allora la politica che è, a sua volta, fattore sovrastrutturale, ossia fattore della volontà. Chi, dove e come, decide la politica economica di una società?
Importanti mi sembrano anche le analisi di Giovanni Arrighi che su “Capitalismo e (dis)ordine mondiale”, esamina quella ricchezza oligarchica (per elite), slegata dal lavoro (danaro che produce danaro), non ridistribuita, né reinvestita socialmente, parassitaria: “La ricchezza dell’occidente non può essere generalizzata perché si basa su processi relazionali di sfruttamento ed esclusione che presuppongono la riproduzione continua della povertà relativa della maggioranza della popolazione mondiale”. Si tratta, nelle relazioni internazionali, di quelle forme di ‘neocolonialismo’ finanziario.
Interessante la suddivisione storica dei cicli sistemici di accumulazione fatta da Arrighi:
1 – Ciclo genovese-iberico dal 5° secolo agli inizi del 17°
2 – Ciclo olandese dalla fine del 16° secolo fino a buona parte del 18°
3 – Ciclo britannico dalla seconda metà del 18° secolo agli inizi del 20°
4 – Ciclo statunitense inizio del 19° secolo, attuale.
Nelle fasi di espansione finanziaria una crescente massa di capitale monetario si ‘libera’ dalla sua forma merce (materiale) e l’accumulazione procede attraverso transazioni finanziarie denaro – denaro (D – D’). Transazioni separate dal commercio.
Ogni ciclo guida il sistema mondo capitalistico dall’espansione materiale a quella finanziaria
chiosa Arrighi.
*Giovanni Arrighi, scomparso nel 2009, è stato uno dei maggiori esperti dell’economia mondiale. Ha insegnato alla Johns Hopkins University di Baltimora. Oltre a “Capitalismo e (dis)ordine mondiale, manifestolibri, importante segnalare anche “Caos e governo del mondo” scritto con Beverly J. Silver professore nella stessa Università di Baltimora, edito da Mondadori.
(Libri dai quali ho tratto una maggiore comprensione di come vanno le cose di questo mondo, malgrado la mia grande ignoranza in economia).