La superstizione. Secondo una credenza popolare sarda veniva chiamata “coga” una bambina nata la notte di Natale a mezzanotte precisa o come settima figlia femmina. La “coga” secondo la credenza era una strega capace di formulare riti magici e con poteri soprannaturali e che di notte vampirizzava i neonati non ancora battezzati. La coga si poteva riconoscere sin dalla nascita per la presenza di una piccola coda pelosa sulla schiena. Fino a metà del novecento la gente era molto superstiziosa e capace di subire pesantemente l’influenza delle credenze, e, in ragione di questo, si impegnava per scongiurare l’inserimento della “coga” nella propria casa.
Accade in tante parti del mondo che le etnie regionali abbiano forgiato tradizioni, costumi e leggende proprie, che purtroppo a volte non rappresentano solamente una curiosità̀ per i turisti. Capita infatti che, per coloro che sono state considerate “streghe” o più in generale “maligne/i”, queste superstizioni vengano vissute come veri e propri incubi.
Ignoranza e speranza. “Il cuore selvatico del ginepro” di Vanessa Roggeri è un susseguirsi di emozioni, un tuffo in un passato non troppo lontano, utile anche per comprendere quanto oggi la mentalità sia cambiata. Lo dimostra il fatto che le superstizioni di un tempo sono divenute quasi delle favole da poter raccontare in un romanzo.
Il libro tratta ogni argomento, anche il più doloroso come le ambiguità dei sentimenti genitoriali e le dinamiche della superstizione che sfocia in qualcosa di veramente temibile, con molto garbo, sempre accompagnato da una descrizione quasi magica del paesaggio naturalistico e delle sue trasformazioni. Si viene catturati, pagina dopo pagina, dalla profonda area di sofferenza, ma al contempo anche di speranza, che si respirano nel libro e che si alternano fino all’epilogo. Le protagoniste, Lucia e Ianetta, sono unite da un profondo legame che va oltre la sorellanza, tuttavia sono divise dall’ignoranza della gente, che ha un potere di persuasione così forte da alimentare una paura collettiva, e arrivare a condividere con l’intero villaggio la convinzione che Ianetta possa “portare male”. Il legame tra superstizione e ignoranza viene sempre alla luce nel libro.
La Storia. La scrittrice ambienta la storia nel paese immaginario di Baghintos. La trama ruota intorno alla famiglia Zara composta da madre, padre, nonno, ben sei bambine (una bambina muore piccolissima) e due domestiche. La famiglia Zara è una famiglia superstiziosa come il resto del paese. Quando la figlia nasce, è pertanto condannata ad essere una “coga” o strega, perchè settima figlia di sette figlie femmine, e deve essere uccisa la notte stessa. La famiglia Zara stabilisce che occorre liberarsene al più presto, quella notte stessa. Severino, il padre, incaricato di compiere il delitto, all’ultimo momento ha un ripensamento e lascia il fagottino esposto alle intemperie sperando che il destino porti via la sua anima.
Ma qualcuno non ci sta. Lucia, la sorellina maggiore, la più sensibile e tenera di tutte, non riesce a capire perché il padre abbia lasciato il fagottino urlante fuori in piena notte con un temporale in corso, così decide di salvarla e riportarla a casa, e decide di chiamarla Ianetta. La bambina riuscirà così a sopravvivere, non c’è più nulla da fare, la famiglia Zara si sentirà costretta a tenerla. Questa povera creatura crescerà emarginata, maltrattata, patirà la fame e le verrà negato l’affetto. Crescendo diventerà sempre più chiusa in sé stessa e nonostante tutto non diventerà mai cattiva, ma dimostrerà talvolta atteggiamenti di tenerezza.
Siamo spesso attratti dai piccoli gesti quotidiani, quasi inconsapevoli, che sono propiziatori di situazioni positive, ma quando entra in campo la superstizione con i suoi pregiudizi, le maldicenza e la cattiveria si finisce in un terreno doloroso. E sono proprio questi pregiudizi che portano la famiglia Zara e i suoi componenti, sempre più schiavi della superstizione, all’autodistruzione.
Ianetta nel tempo sarà sempre più emarginata e odiata da tutto il paese. L’unica a non averne paura è Lucia che si oppone alla cieca superstizione e crede, nonostante tutti i dubbi generati dalla famiglia e dalle credenze, nella bontà di Ianetta.
Nessuno capisce Lucia e la sua propensione per Ianetta, nessuno riesce ad accettare il fatto che un errore della natura ci sia stato, ma solo perché Ianetta ha dei seri problemi fisici e non perchè il maligno le riservasse qualcosa di malefico.
La vita scorre per tutto il libro principalmente in casa o nei dintorni di Baghintos, quel paesino lontano da tutto, i cui abitanti seguono le disgrazie della famiglia Zara, pettegolando, alimentando la superstizione e allontanando ogni possibilità per quelle figlie di avere una vita normale.
Con l’arrivo a Baghintos di un nuovo dottore, di origini cittadine, la casa si rianima. Grazie al rapporto con lui, Lucia prende coscienza della situazione di Ianetta e riconosce in lei un’anima fragile e innocente. Lucia la difenderà e la proteggerà nei limiti del possibile. L’epilogo della storia rincuora, suscita un po’ di gioia e lascia il cuore aperto alla speranza.
Grazie per la recensione di questo libro che anche io ho avuto modo di apprezzare. La trama é intrigante e la lettura scorre via veloce.
La storia é ambientata alla fine del 1800 ma, purtroppo, ignoranza, odio, superstizione e accanimento contro chi non ha colpe sopravvivono ancora ai nostri giorni.
Come il ginepro, che ha una grande capacità di adattamento a condizioni climatiche inclementi, la bambina cercherà di resistere all’emarginazione e ai maltrattamenti. Solo la luce della scienza la salverà.
Nella lotta tra l’ignoranza e la scienza, allora come oggi, sarà quest’ultima a vincere.