L’ articolo di Anna Musinu e Mariano Casu ci ricorda con chiarezza i due principi della termodinamica, 1° ” Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, 2° “Tutta l’energia inesorabilmente passa da forme di energia utilizzabile a quelle non più utilizzabili” . Sono concetti basilari che vengono insegnati a partire della scuola media, e che tutti i cittadini dovrebbero conoscere consapevolmente. Infatti, dal loro uso appropriato dipende la qualità della nostra vita o la distruzione della terra.
Negli ultimi decenni abbiamo consumato l’energia interna della terra (petrolio, carbone, gas) a ritmi superiori alla loro formazione che è di milioni di anni. Ci troviamo ora a essere minacciati per la nostra stessa sopravvivenza e dobbiamo correre ai ripari.
Siamo stati lenti nel procedere verso le energie rinnovabili ma la transizione ecologia rende necessaria un’accelerazione per la decarbonizzazione (2030, 2040) e per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Gli impegni presi dall’Italia con La Comunità Europea prevedono l’installazione di 6 GW all’anno, oggi siamo a 1, 8GW. Non basta la pandemia del 2020 a giustificare la lentezza: si devono realizzare politiche serie e concrete in tema di iter autorizzativi, di regole trasparenti, che sappiano coniugare le esigenze energetiche con quelle del territorio.
Entro i prossimi 5 anni la Sardegna dovrà affrontare l’importante passaggio della sua transizione energetica verso fonti rinnovabili e sostenibili. Per le sue caratteristiche geografiche (isolamento), l’alta insolazione, il vento, considerata l’assenza di rete gas, l’isola, secondo ”Sardegna Rinnovabile” (l’alleanza per lo Sviluppo delle Energie Rinnovabili che unisce quattro associazioni ambientaliste, WWF, Legambiente, Greeenpeace, kyoto club), potrà essere un modello esportabile a livello nazionale per superare le fonti fossili da cui ancora dipende e passare alle fonti rinnovabili e sostenibili.
“Sardegna rinnovabile” forte degli studi realizzati dall’Università di Padova e dal Politecnico di Milano (“Una valutazione socio- economica dello scenario rinnovabili per la Sardegna”) ritiene che si possano chiudere gli impianti di produzione alimentati a carbone entro il 2025 evitando nuovi investimenti in combustibili fossili (metano) e decarbonizzare il sistema energetico al 2050. Secondo questi studi, nuovi investimenti in combustibili fossili rallenterebbero il processo di transizione energetica dell’isola e un costo aggiuntivo per la collettività. Non ultimo la diffusione delle fonti rinnovabili creerebbe molti posti di lavoro. Gli impianti, siano eolici che solari fotovoltaici, dovranno essere di qualità, a basso impatto ambientale in terra e in mare, inseriti nel paesaggio in modo armonioso, poiché il nostro paesaggio è un capitale che va tutelato. Tali impianti dovranno fare particolare attenzione alla presenza degli “habitat prioritari”, alle aree corridoio per l’avifauna migratoria, alle aree Marine Protette e archeologiche.
Da un’indagine promossa dal WWF risulta che il 94% dei sardi ritengono vantaggiose per l’ambiente le fonti rinnovabili. L’84% auspica che dopo la chiusura delle centrali a carbone in Sardegna l’energia venga prodotta con fonti rinnovabili e il 76% percepisce il cambiamento climatico un elemento di impatto grave sulla vita delle persone.
Il decreto legislativo del 13/12/ 2021 stabilisce che 2,2 miliardi previsti dal Piano Nazionale di ripresa e resilienza verranno utilizzati per dare sostegno alle comunità energetiche rinnovabili (CER) e alle strutture collettive di autoproduzione.
Tali interventi consentiranno la produzione di 2500 GW annui e porterebbero a una riduzione di circa 1,5 milioni di tonnellate annue di emissioni di gas serra. Entro il prossimo febbraio il ministero della transizione ecologica stabilirà per decreto le modalità di concessione dei finanziamenti a tasso zero per lo sviluppo delle comunità energetiche nei piccoli comuni fino a 5.000 abitanti.
Dunque, abbiamo le tecnologie, i fondi del Recovery plan, il consenso dei cittadini, dobbiamo solo sperare che i tempi burocratici siano all’altezza delle sfide che possono dare una svolta all’economia della Sardegna e dell’Italia tutta nonché al problema globale del clima.
Siti consultati:
Sardegnarinnovalile.org
Comunità rinnovabili- 2021 a cura di Legambiente
Anna Maria Tocco
Intervengo anch’io, per cenni che andrebbero approfonditi, con qualche considerazione, sollecitata anche dal commento di Marina Cozzolino. Riprendo una sua frase: “Dobbiamo essere consapevoli che la crescita economica continua porterà ad un pianeta devastato”. Di che cosa stiamo parlando se usciamo dal generico “l’uomo sta distruggendo l’ambiente in cui vive”? Un uomo, appunto, indeterminato, vago: non un sistema economico-sociale; non uomini ben determinati e organizzati a capo di tale sistema. Occorre, forse, ricordare le multinazionali dell’energia, della produzione e del consumo; le banche (Fmi, Banca Mondiale, ecc.)? Si sta parlando di un sistema dominante ed ancora egemone (proprio in senso gramsciano), che ormai permea l’intero globo. E le democrazie parlamentari del nostro Occidente non all’altezza di un serio contrasto. Sistema minato, però, da una contraddizione insanabile tra il suo scopo (l’incremento indefinito del profitto) e quel suo carattere distruttivo (saccheggio senza limiti delle risorse naturali) presente nella produzione della ricchezza. Quindi via via sempre più incompatibile con l’ambiente, con la vita, con il futuro. Bene allora le esortazioni a comportamenti individuali virtuosi e coerenti – attenti, però, che non cadano in un “donchisciottismo”.
Anna e Tonino – a sentire la norrena Greta giusta fustigatrice dei bla bla – avrebbero dovuto raggiungere Luca in Cile viaggiando con una imbarcazione a vela anziché con l’aereo. Opzione davvero non praticabile. Alternativa: rinunciare al viaggio. La stessa cosa vale per Luca: dovrebbe, per coerenza, rinunciare a venire in Europa, in Italia, in Sardegna. La transizione ecologica ha, inevitabilmente, percorsi e tempi. Preoccupa certo che chi ha determinato lo stato disastroso attuale (il sistema di cui si è già detto), si proponga come “naturale” e sicuro risolutore.
Infine una noticina sugli ambientalisti italiani. Sono una realtà minoritaria con seguito non adeguato e scarso consenso elettorale. Bisognerebbe capire perché. Probabilmente le cause sono diverse e vanno seriamente indagate. Credo se ne possa segnalare una: la loro partecipazione, quelle poche volte che ciò è capitato, in governi di centro-sinistra. Con sintesi, forse un po’ sbrigativa, si può però affermare che, appagati dall’essere nella “stanza dei bottoni”, hanno avvallato tutte le politiche economiche, anche quelle che contrastavano i loro stessi programmi elettorali. Il loro silenzio, pur di non rompere con il governo, ha portato loro impopolarità.
Ho letto con interesse e attenzione sia l’articolo di Anna Tocco sulle fonti rinnovabili che quello precedente scritto da Anna Musinu e Mariano Casu sullo stesso argomento. Non sono un’esperta ambientale ma una semplice cittadina che, come tanti, cerca di tenersi informata sulla transizione ecologica di cui tanto si parla. Da quello che ho letto sui giornali e sentito in TV, le proposte che si sentono più frequentemente sono quelle di chiudere gli impianti più energivori e inquinanti come i cementifici e le acciaierie e di smettere di produrre carbone, petrolio, gas, puntando su eolico e fotovoltaico. Avendo però un grande bisogno di acciaio e cemento, é molto probabile che la produzione si trasferisca in paesi più poveri e perciò poco attenti ai problemi ambientali, col rischio di accentuare l’inquinamento anziché ridurlo. Poiché sembra che non esista una soluzione energetica che sia in grado di superare tutti i problemi, forse sarebbe necessario valutare, per ogni singola soluzione, i costi/benefici dal momento che la crisi climatica non si risolve con un cambiamento tecnologico ma anche con la tutela dell’acqua, dell’aria, degli ecosistemi, della biodiversità, tenendo presente che qualsiasi scelta comporta conseguenze economiche e sociali.
Forse dovremmo rivedere il nostro modo di vivere e ridurre la crescita continua dei consumi. Il consumo aumenta il PIL ma il PIL é in contrasto con il cambiamento climatico. Se vogliamo questo tipo di società con automobili, televisori, frigoriferi, lavatrici sempre più grandi (nonostante le famiglie siano sempre più piccole), con smartphone da sostituire ogni anno,
se vogliamo la casa piena di marchingegni elettrici e aggeggi elettronici, noi e l’ambiente non abbiamo scampo. Dobbiamo essere consapevoli che la crescita economica continua porterà ad un pianeta devastato. E che dire del suolo?
Perché non approvare in Parlamento la proposta di legge (a costo zero) contro il consumo del suolo, ferma da tempo? Questa legge, se approvata, contribuirebbe a salvare il clima, ridurrebbe incendi e alluvioni, eviterebbe tante sofferenze alla flora, alla fauna e a noi umani. Purtroppo gli interessi in gioco sono tanti, a cominciare da quelli dei Comuni. Ma il suolo consumato non lo si recupera più.