“E’ inutile cianciare di giustizia
fintanto che la più grande
fra le navi da guerra
non si infrange contro la fronte di un annegato.”
Così scriveva il poeta Paul Celan
forse pensando ai suoi cari, morti
nel campo di sterminio.
Non si sopravvive all’alito acre e ardente della Shoah
No – l’orrore accompagna gli scampati!
Paul Celan spense la fornace che si portava dentro
gettandosi nell’acqua della Senna,
color della cenere, una sera livida –
correva l’anno millenovecentosettanta.
Diciassette anni dopo Primo Levi piombò
Dalla tromba delle scale,
quando sentì l’oblio salire
dal nostro bel Paese smemorato
tra l’indifferenza degli Italiani brava gente.
Non c’è scampo ai campi spinati della Shoah,
non c’è scampo ad un male così estremo,
non c’è scampo all’orrore accaduto.
E ci sarà mai giustizia?
Quale giustizia, quale riparazione?
Dio è morto ad Auschwitz,
Dio allora è morto per tutta quanta è vasta la terra
E l’infinito Cosmo…
Tu che mi dici – No Dio non è morto:
allora lì dove il medico SS inietava larve
negli occhi dei bambini
e virus multipli di morbi
su corpicini già scheletriti
prima che li consegnasse, come esperimenti
conclusi, alle fiamme dei forni,
dimmi Dio forse s’era distratto?
Dimmi Dio era rimasto indifferente?
Quale giustizia, quale giustizia – le vittime
temo resteranno senza risposta, anzi già noi
per loro sentiamo incombere l’oblio.
L’Umanità sta sospesa e smarrita
dopo la Shoah, attonita portando uno stigma
del quale mai più si potrà liberare.
Ci interroghiamo sempre, ogni volta che organizziamo la Giornata della Memoria (dal 2010…), sull’impossibilità della Giustizia per quanto accaduto con la Shoah. Restano le parole, quelle dei testimoni e della poesia, a volte urlate, ma il più delle volte scarne, sussurrate, sommesse. Il poeta polacco Czesław Miłosz, Nobel per la Letteratura nel 1980 nella bellissima “Tu che hai oltraggiato” (richiamata anche da Olivier Guez nel suo “La scomparsa di Joseph Mengele”) scrive
“Tu, che un semplice hai oltraggiato
Ridendo sguaiato sulla sua sorte…
Sicuro di non sentire. Il poeta ricorda.
Puoi ucciderlo – un altro è già nato.
Ogni atto e parola verrà registrato.
Meglio per te un ramo dal peso piegato
In un’alba invernale e una corda”.
Grazie Gabriele per la tua bella poesia.
Non possiamo e non dobbiamo dimenticare gli orrori che sono stati perpetrati nei confronti di ebrei, omossessuali, disabili, Rom, Sinti. Ho voluto visitare a Brno, nella Repubblica Ceca, il Museo della Cultura Rom e sono rimasta impressionata da tutto quello che questa popolazione ha dovuto subire nel corso dei secoli fino al “Porrajmos” da parte dei nazisti e dei loro alleati.
Porrajmos per i Rom significa “grande divoramento” .Gli zingari vengono internati e lasciati morire di inedia, freddo, malattie. Considerati razza degradata, furono usati come cavie negli esperimenti medici di Mengele e sia le bambine che le donne torturate con la sterilizzazione prima di essere eliminate nei forni crematori. Si stima che del milione di Rom che viveva in Europa prima della guerra, ne vennero uccisi tra i 200.000 e i 500.000. Il 2 agosto è la loro giornata della Memoria perché la notte del 2 agosto 1944 quasi 3000 Rom, soprattutto bambini, donne, vecchi, furono sterminati a Birkenau.
Bellissima poesia per ricordare.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
(Primo Levi)