Ho seguito il consiglio degli autori dell’interessantissima recensione, laddove affermano che le sette lezioni “possono essere lette secondo un ordine di preferenza degli argomenti, e non necessariamente in sequenza”. Così ho letto la lezione n. 2, quella che ha per titolo “La chimica in agricoltura”, in particolare il capitolo che si intitola “Come l’ammoniaca salvò (e distrusse) il mondo”.
Mi ha interessato molto la storia del chimico tedesco Fritz Haber, e del suo collega Carl Bosch (entrambi Nobel per la Chimica, l’uno nel 1918 e l’altro nel 1931), che, negli anni tra il 1905 e il 1910, “svilupparono la tecnica per la sintesi industriale dell’ammoniaca”, fondamentale per i fertilizzanti in agricoltura, e per l’uso letale che se ne fece in campo militare, sia negli esplosivi che nelle armi chimiche.
Da qui una prima riflessione e un interrogarsi sull’ambivalenza del progresso e la responsabilità sociale e civile della scienza. Nel caso di Haber tale dilemma si tradusse in dramma: la moglie, anch’essa brillante chimica, si tolse la vita per la determinante responsabilità del marito nell’impiego da parte tedesca dei gas tossici a base di cloro nella tragedia di Ypres del 22 aprile del 1915 (vedi la recensione) durante la Prima Guerra Mondiale. Il figlio di Haber, Hermann, si suicidò nel 1945. Il Nobel a Fritz Haber fu tra i più contestati fra quelli assegnati per la Chimica.
Si discute ancora oggi, visti gli enormi passi avanti in ambito scientifico e tecnologico, su come sia possibile che la passione e l’amore per la scienza possano trascendere i limiti tra l’umano e il disumano, tra il bene e il male. Gli autori del libro avvertono i lettori (pag.34) di come: “la chimica possa essere utilizzata per il bene dell’umanità ma anche per provocare, perfino di proposito, morte e sofferenza”. Eppure, dicono Anna Musinu e Mariano Casu alla fine della loro recensione, riferendosi all’autore del libro: “egli rimarca sempre la sua fiducia nella Scienza, che giorno dopo giorno compie passi da gigante, e che nel futuro potrà portare ad una vita migliore”.
Haber, che era di origini ebraiche, continuò la sua attività accademica, tuttavia nel 1933 si rifiutò di denunciare alcuni suoi stretti collaboratori ebrei e fu costretto a lasciare la Germania.
Un altro motivo di interesse è stato quello di come il fenomeno della globalizzazione, della interconnessione tra mercati e popoli, non sia un fatto contemporaneo o tipico della modernità. Nel caso dell’ammoniaca, la sintesi industriale inventata dal duo Haber e Bosch, e successivamente la crisi del ’29, mandarono in rovina la produzione del salnitro del Cile. Prodotto nei deserti dell’Atacama, il salnitro, che i cileni chiamano caliche era l’unico minerale, il nitrato di soda, in grado di fissare naturalmente l’azoto dell’aria. Il Cile era uno dei produttori mondiali di salnitro ed esso veniva massicciamente utilizzato dagli europei in agricoltura e come esplosivo.
In un viaggio in Cile nel 2017 ho visitato le miniere di salnitro di Humberstone e Santa Laura, nei pressi della città di Iquique, che erano gestite da imprese britanniche, e ora sono patrimonio mondiale dell’Unesco. Tra quelle rovine ho rivissuto quella epopea cilena, quella sorta di Klondike del Sudamerica. Ho rivissuto il dramma dei lavoratori del salnitro: nel dicembre del 1907 gli operai, stanchi delle misere condizioni di lavoro e delle paghe da fame, scesero in sciopero. Il 21 dicembre a Iquique l’esercito sparò sulla folla dei manifestanti riuniti nella piazza della scuola di Santa Maria di Iquique: ci furono, stima approssimativa, circa 3000 morti, tra cui moltissime mogli e i bambini dei lavoratori.
Da ricordare che per le miniere di salnitro, e per il controllo dei porti sull’Oceano, fu combattuta la Guerra del Pacifico tra Cile, Bolivia e Perù (1879-1894). La causa di fondo fu la definizione dei confini: da essi dipendeva il possesso di quei lembi di territorio aridi ma ricchi di giacimenti di salnitro.
Se si pensa che Ucraina è, come da etimo dell’antico slavo orientale (da Wikipedia), terra di confine, di periferia, marca com’era nell’impero carolingio, la storia, tragicamente, si ripete in tutte le latitudini.
Tonino Sitzia
20 marzo 2022