Il comune di Elmas per il fine settimana dell’ 11-12 giugno ha organizzato una manifestazione in cui attraverso il racconto delle associazioni culturali e di volontariato che operano nel comune, si ripercorre la storia di Elmas degli ultimi cinquanta anni. Così congegnata, la manifestazione rappresenta pertanto una straordinaria occasione per dare modo alla comunità masese di riflettersi nella sua storia e ritrovare la sua identità. L’iniziativa si ispira in particolare al festival nazionale “Archivissima”, nato per raccontare e valorizzare gli archivi e quest’anno incentrato sul tema del cambiamento. La corretta interpretazione dello spirito della manifestazione si misurerà pertanto nella capacità dei suoi organizzatori di centrare l’obiettivo di individuare l’evoluzione della storia della comunità, cogliendone attraverso gli archivi e i suoi documenti, il cambiamento, spesso segnato da mutamenti e discontinuità, fratture e scarti, che sfuggono a una concezione lineare e omogenea di sviluppo.
Ma cosa sono veramente gli archivi? Individuare con precisione l’oggetto dell’analisi non è infatti scontato. Il termine archivio richiama una pluralità di significati. Nel linguaggio comune con archivio si intende un contenitore di cose non più utili, accantonate, messe da parte. A tale significato rimandano espressioni come “caso archiviato”, “archiviare una pratica”. In ambito informatico l’archivio indica una raccolta di dati e/o file. Tecnicamente il termine “archivio” indica il locale di conservazione dei documenti (nel senso di deposito) o l’istituto di conservazione (es. l’archivio di stato). Ma in senso proprio con “archivio” si intende un complesso organico di documenti prodotti o comunque acquisiti durante lo svolgimento della propria attività da magistrature, organi e uffici dello stato, enti pubblici e istituzioni private, da famiglie e persone. Esso costituisce perciò il supporto e il risultato spontaneo di qualsiasi attività, sia individuale che istituzionale, posta in essere dal suo soggetto produttore. All’origine di un archivio vi è in definitiva il bisogno vitale di ogni essere umano e di ogni società organizzata di avere testimonianze scritte. Non a caso i primi documenti scritti della storia, le tavolette di argilla sumeriche in caratteri cuneiformi del III millennio a.C., non sono testi letterari ma appunto archivi, contenenti le registrazioni di attività quotidiane come la distribuzione di orzo e derrate alimentari, liste di personale, pagamenti di imposte in natura, comunicazioni di natura commerciale.
Come nell’antichità, anche oggi gli archivi conservano documenti senza i quali la nostra vita quotidiana sarebbe impossibile, come ad esempio: certificati, titoli di studio, carte d’identità, passaporti, contratti. In senso lato, in quanto testimonianza diretta dell’attività pratica di un soggetto produttore, in qualche caso l’archivio arriva a includere, accanto ai documenti testuali anche altre tipologie di documenti, rappresentati da oggetti fisici. Così, ad esempio, potrà far parte dell’archivio di una società sportiva anche un pallone da basket.
L’archivio nasce dunque come supporto di attività quotidiane, certificazione di diritto, memoria del presente, ma col passare del tempo acquista valore di fonte storica. Tale valenza culturale degli archivi è riconosciuta dall’ordinamento italiano fin dal suo nascere, cioè fin dalla fase di vita in cui l’archivio svolge prevalentemente una funzione di fonte auto-documentazione per il soggetto che lo pone in essere. Per questa ragione negli anni Settanta del secolo scorso si è scelto di togliere gli archivi dal controllo del Ministero degli interni per metterli sotto l’amministrazione del Ministero dei beni culturali e ambientali.
Gli archivi storici si distinguono tuttavia per alcune tratti peculiari dalle altre tipologie di beni culturali. Innanzitutto, gli archivi sono caratterizzati da un vincolo necessario che lega logicamente e in modo involontario la documentazione in ragione dell’attività del soggetto produttore, Questo fatto distingue l’archivio da una raccolta di documenti o collezione, e quindi da una biblioteca o da un museo. Altro tratto tipico degli archivi è l’ordine impresso al complesso documentario fin dal suo nascere sulla base di criteri che rispecchiano le funzioni del soggetto produttore o ricostruito a posteriori, quando l’archivio diventa storico, attraverso una complessa operazione denominata “riordino”, fondata sul cosiddetto metodo storico. L’ordinamento/riordino assolve a una funzione di controllo intellettuale del complesso documentario e richiede di interpretare i documenti nel contesto in cui vengono prodotti. Come la stessa attuale normativa riconosce (L. 241/1990 sul procedimento amministrativo), una corretta ed efficace amministrazione pubblica dipende in gran parte dall’efficienza del sistema documentale. E nondimeno l’ordine degli archivi storici consente non solo il recupero certo dei contenuti e una loro corretta interpretazione ai fini della ricerca storica, ma rappresenta anche un potente strumento politico di governo della memoria. Questo fatto fu particolarmente evidente all’indomani dell’Unità d’Italia (1861) quando gli archivi prodotti dagli stati pre-unitari vennero concentrati nella rete degli archivi di Stato e sottoposti a una poderosa sistematizzazione con l’obiettivo ultimo di costruire una memoria coerente con le aspettative suscitate dal processo unitario. L’Italia e la sua identità si costruisce anche attraverso gli archivi.
Per comprendere gli archivi e il peculiare ruolo sociale che rivestono, va inoltre considerato che ciascuno di essi rappresenta una realtà locale. Al riguardo c’è chi ha sostenuto che “le carte vanno lette là dove furono scritte”, alludendo al fatto che le fonti archivistiche potenziano il loro valore informativo quando sono lette in sinergia con le altre tipologie di beni culturali del territorio di riferimento, musei e biblioteche in particolare. Intorno a questa convinzione si fonda il principio di provenienza su cui si regge il sistema italiano di conservazione degli archivi incardinato intorno alla rete degli archivi di stato. Il forte legame che lega gli archivi al contesto di produzione spiega anche la ragione per cui l’originale della Carta costituzionale sia conservata non in un museo ma appunto in un archivio. Immersa nel reticolato archivistico dell’Archivio centrale dello Stato, l’istituto che più di altri rappresenta l’identità nazionale, la Costituzione si erge a monumento che garantisce la convivenza democratica della comunità nazionale.
Per finire va detto che se è vero che cambia la realtà testimoniata e raccontata dagli archivi – come suggerisce il festival “Archivissima 2022” – è vero anche che cambiano gli stessi archivi. Noi oggi possiamo contare su grandi complessi documentari per lo più cartacei (o analogici) ereditati dal passato, che fanno della memoria un elemento di solida condivisione identitaria intorno alla quale anche nei momenti più bui ci si può riconoscere. Ma lo stesso potrebbe non accadere per le future generazioni. Nell’incalzare della rivoluzione tecnologica, gli archivi informatici che si vanno formando oggi, fondati su processi di dematerializzazione, presentano non pochi elementi di criticità che è diventato urgente affrontare. A tal fine non bastano gli strumenti della tecnologia ma occorre innanzitutto una forte progettualità politica fatta di chiare strategie sostenute dai principi e valori archivistici, senza i quali qualsiasi risposta al problema della conservazione di lungo periodo del digitale rischia di fallire.
Sandra Mereu
Importante e approfondito articolo di Sandra Mereu a commento di “Archivissima 22 – Elmas 11 – 12 giugno”.
L’iniziativa del comune scrive Sandra è: “una straordinaria occasione per dare modo alla comunità masese di riflettersi nella sua storia e ritrovare la sua identità”. Parole che potrebbero prestarsi a qualche ambiguità ed essere diversamente interpretate. Ritrovare nella nostra storia “qualcosa” che è rimasta lì pronta per essere nuovamente indossata? Non credo Sandra voglia dire questo. Anche perché poi continua dicendo che si tratta di: “centrare l’obiettivo di individuare l’evoluzione della storia della comunità, cogliendone attraverso gli archivi e i suoi documenti, il cambiamento, spesso segnato da mutamenti e discontinuità fratture e scarti, che sfuggono a una concezione lineare e omogenea di sviluppo”.
Riprendo alcune sintetiche considerazioni sull’identità che ho, in altre occasioni, già espresso.
L’identità (individuale o collettiva) è un processo che vede ogni singolo uomo entrare in rapporto con gli altri. Siamo un divenire entro determinati rapporti in una determinata comunità – piccola o grande che sia. L’identità, allora, si può dire che è fatto storico-sociale in divenire. Possiamo dire che non c’è un inizio storico fondante le identità? Che non c’è data di nascita certificabile delle nostre identità, ma lungo le vicende storiche solo “flussi identitari”? Penso proprio si possa dire di si.