Mala tempora Non tornano neppure più in sogno Quei boschi dal cuore profondo Che solo in sonno capita di vagare. E non tornano più neppure in sogno Quelle marine dal tremolare terso. Spariti anche dal sonno Quegli incontri amorosi Onirici così Stupefacenti e rari. “A volte vedo in cielo immense spiagge Coperte di bianche nazioni in festa” Così cantava il giovane Rimbaud. Neppure in sogno ora queste visioni Reliquie sparse in terra inaridita.
Sì, è proprio così come dite voi, Marina e Tonino, nei rispettivi commenti. Avete proprio colto nel segno.
Sono “mala tempora” quelli in cui si sta dipanando la nostra esistenza.
Con questa bella poesia dai versi intensi e malinconici, il poeta ci rende partecipi della sua preoccupazione e del suo sconforto.
E sono i sogni che non si sognano più a provocare in noi dolore e rimpianto.
Mala tempora ha qualcosa di metafisico, non la volgarizzazione dei tempi duri, né di tempora o mores, l’invettiva contro il decadimento dei costumi e l’inaridirsi dei rapporti umani, che pure appaiono sottintesi. È come un malessere, segnala il poeta, e forse solo la poesia lo può esprimere, sono tempi grami se anche nei sogni non si riesce ad evocare angoli di natura, anch’essa ferita, a lenire la pena.