18 Dicembre 2024
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Ahi! Palestina

Ilan Pappé, “Brevissima storia del conflitto tra Israele e Palestina”, Roma, ottobre 2024, Fazi Editore.

“L’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e gli orrori che ne sono seguiti hanno sconvolto il mondo”.
Soprattutto il così detto “Occidente” (euro atlantico). Ma cos’è, dov’è l’occidente? Mi chiedo sempre quando lo si invoca e lo si rappresenta indifferenziato e ingualdrappato di “valori”.

Ilan Pappé ci dice che il conflitto israelo-palestinese non è iniziato quel sette ottobre dell’anno 2023; né nell’anno 1967 (occupazione della Cisgiordania da parte di Israele); né in quel 1948 quando è stato proclamato lo Stato ebraico.

Tutto inizia, ci ricorda l’autore, con i primi sionisti che arrivano nella Palestina ottomana nel 1882, già abitata da un popolo. I palestinesi. Questa brevissima storia (pag. 140) come dice il titolo in copertina, grazie alla capacità dell’autore, è un condensato chiaro e preciso di un processo storico che spiega come un conflitto lungo oltre un secolo sia diventato così tanto insolubile. Ed è una dettagliata denuncia del colonialismo sionista; della pulizia etnica del 1948 subita dal popolo palestinese. Ma cerca altresì di indicare una “soluzione che dia giustizia e pari diritti a tutti coloro che vivono oggi nella Palestina storica”.

Pappé specifica che il colonialismo sionista è del tipo insediativo (a differenza di quello classico), quello che appunto comincia a insediarsi, con i primi coloni, nella Palestina del 1882 ancora ottomana. Questo colonialismo, anche con forti connotazioni messianiche, tende a cacciare dal territorio gli abitanti ivi residenti. Il diritto internazionale conta meno della sacra Bibbia. Chiunque voglia capire e cercare una “verità” trova in questa storia, rigorosa e documentata, un grande aiuto.

Non se ne può più di giornalisti che insinuano, sopiscono, chiamando guerra quella di Gaza, anziché rappresaglia alla Guernica sopra una popolazione inerme. Anziché vendetta che produce quarantamila morti, la distruzione di tutte le case, delle scuole, degli ospedali.

Ve lo immaginate il governo inglese decidere di bombardare in Irlanda le città per combattere il terrorismo cattolico dell’Ira? Impensabile nel nostro occidente. Non si fa nella “civile” Europa. Ma diviene lecito, naturale appena si tratta di popoli “altri”. Come nella guerra al terrorismo in Irak, o in Afganistan con bombardamenti terrificanti su quelle popolazioni. Le guerre al terrorismo, guidate dagli Stati Uniti, paradossalmente, hanno moltiplicato il terrorismo nel mondo.
Pochi ricordano (o sanno) che 27.000 marines americani e trecento aerei hanno invaso Panama nel 1989 per catturare il dittatore Noriega (divenuto anche trafficante di droga), già amico degli Usa. E bombardarono un quartiere della città, densamente popolato, uccidendo 3000 civili e distruggendo 30.000 case. Che cosa volete che contino i panamensi? Sono di quell’America del sud, un po’ indio, poveri, di quell’America latina…Solo meri effetti collaterali.

Nell’ultimo capitolo, in conclusione, Ilan Pappé scrive: “L’ho scritto [il libro] per chiunque sia interessato alla storia di Israele e Palestina. Mi auguro che conoscere le ingiustizie inflitte ai palestinesi da oltre un secolo induca a essere solidali con la loro lotta e a opporsi all’oppressione ovunque si trovi”. Riassumendo mette in rilievo sette conclusioni.
Prima. Viene confutata la leggenda che la Palestina, come sostenuto dalla propaganda sionista, fosse un luogo deserto. Invece la Palestina in realtà era una società fiorente e diversificata.
Seconda. “Aiutando il movimento sionista a costruire uno Stato (nel periodo 1918 – 1948), gli inglesi violarono la promessa fatta ai palestinesi”. Ossia l’autodeterminazione e l’indipendenza, come per le altre nazioni arabe. Così gli inglesi furono complici della pulizia etnica contro i palestinesi avvenuta nel 1948”.
Terza. Il movimento sionista, scegliendo la Palestina come luogo per la nazione ebraica, diviene così movimento coloniale insediativo. L’intento era quello di costruire una nuova nazione ebraica di tipo europeo fuori dell’Europa, incuneata tra i Paesi arabi in Medioriente. L’ostacolo erano i palestinesi, la soluzione cacciarli da quelle terre.
Quarta. Potenti lobby filoisraeliane hanno dipinto le lotte anticolonialiste palestinesi come atti bruti di terrorismo. Dunque, va riconosciuto “che il movimento nazionale palestinese è un movimento anticolonialista”.
Quinta. La “conclusione è che, a partire dal 1967, i così detti sforzi di pace sono stati dominati dagli Stati Uniti e sono falliti perché gli S.U., e i loro alleati in Europa, sono stati mediatori iniqui […] Hanno trasformato il processo in uno scudo che ha permesso a Israele di continuare l’occupazione e la colonizzazione”.
Sesta. L’idea dei due Stati è fallita miseramente senza appello. Era l’idea principale del processo di pace. Non è più praticabile: a) data la presenza di settecentomila coloni ebrei in Cisgiordania; b) per lo spostamento del governo Israeliano sempre più a destra, soprattutto dopo i fatti del 7 ottobre 2023; c) perché l’accordo è limitato solo a una esigua porzione della Palestina (il 22 per cento). E rimangono sospese le questioni dei rifugiati, e della minoranza palestinese all’interno di Israele.
Settima. “Non ha senso parlare di pace, come se entrambe le parti fossero ugualmente colpevoli, quando il vero processo di pace è la decolonizzazione. La Palestina storica ha sperimentato il colonialismo insediativo per oltre un secolo, e a caro prezzo”.

Pappagallescamente e ipocritamente viene ripetuto dai leader europei e dagli Stati Uniti la soluzione “due Stati e due popoli”.
Penso sia auspicabile la soluzione di un unico Stato, anche se non vedo come possa essere accolta e discussa ora (chissà quando poi!) in quel contesto fumante di tragedia e distruzioni non solo materiali.
È l’opzione di Ilan Pappé. Sinteticamente: un solo Stato, bi-nazionale, laico e secolare, comprendente sia ebrei che arabi in posizione di parità.

Ilan Pappé, storico israeliano, nato ad Haifa il 7 novembre 1954 da genitori ebrei sfuggiti alla persecuzione nazista.
È professore di Storia all’Istituto di studi arabi e islamici e direttore del Centro europeo per gli studi sulla Palestina presso l’Università di Exeter. Autore tra l’altro di “La pulizia etnica della Palestina”, tradotto in quindici lingue; “Palestina e Israele: che fare?”, scritto insieme a Noam Chomsky e “La prigione più grande del mondo, Storia dei Territori Occupati (2022).

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